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Un umorista di terza categoria avrebbe solo aggiunto che l’incontro era avvenuto alla sagra della porchetta e lo sketch sarebbe stato perfetto per un cabaret di periferia: iltempo.it pubblica un’intervista a Davide Bellomo, collaboratore del Peace operation training institute che sostiene che Abu Bakr Al-Baghdadi (nella foto), leader dell’organizzazione terroristica Stato islamico, avrebbe cenato con lui, berrebbe alcolici e sarebbe anche gay – o, per dirla con la raffinata sintesi di un virgolettato inventato di sana pianta da ilgiornale.it, che riprende la notizia, “è un ubriacone, un omosessuale, uno che pensa troppo agli affari suoi“. La notizia è clamorosa. Proviamo allora a capirne di più, magari partendo dalle classiche “5 W”, le domande a cui un articolo deve dare risposta per essere corretto, come si dovrebbe imparare durante la prima lezione di giornalismo: chi? cosa? quando? dove? perché?

Chi? Davide Bellomo. Un personaggio che la giornalista del Tempo lascia un po’ avvolto nel mistero. I suoi datori di lavoro, una scuola a distanza, lo descrive come un “esperto di comunicazione strategica in situazioni di crisi“, con esperienza nella negoziazione per la liberazione di ostaggi. Avrebbe collaborato con “molte accademie di polizia europee” e con “molti e importanti università e servizi di sicurezza“, oltre ad aver scritto “numerosi libri e manuali“. Gli aggettivi “molti” e “numerosi“, però, non sono accompagnati neppure da un nome o da un esempio (peaceopstraining.org). Spulciamo la rete, allora.

Bellomo sarebbe stato, secondo un articolo del 2011 di mattinopadova.gelocal.it, un docente della CIELS, “una università privata quasi defilata nel panorama padovano“, che però non lo annovera più tra i propri collaboratori. Per quanto riguarda le sue opere, su internet si possono reperire solo un libro pubblicato con il poco noto Gruppo editoriale Viator (“L’arte della creatività flessibile”) e un ebook in inglese (“Non parlare è già dire qualcosa”) auto-pubblicato con la casa editrice on demand lulu.com. E non risulta nessun articolo su riviste scientifiche.

Cosa? Bellomo avrebbe partecipato ad una tavolata con una ventina di persone tra cui Abu Bakr Al-Baghdadi e avrebbe scoperto che il leader terrorista berrebbe alcolici (perché “ognuno fa i propri affari“) e sarebbe gay (“Ci sono degli amici“, insinua l’esperto, poi a domanda diretta risponde laconico: “Lui che dice che non si dovrebbe“).

Quando?Non ricordo esattamente il giorno preciso, ma è accaduto una volta sola circa otto mesi fa“. Per un esperto di intelligence, evidentemente, il tempo è solo un dettaglio trascurabile.

Dove?In un luogo non meglio identificato“: Bellomo “dice di voler rimanere vago per motivi di sicurezza e segretezza“, annota la giornalista.

Perché? Anche qui l’esperto sorvola sui motivi dell’insolito invito a cena. “Dovevo capire l’evolversi di una certa situazione“, dice. E non riesce a spiegare nulla di meglio se non che “guardo il mondo” (sic!). Insomma, un tipo che fa cose, vede gente.

Ora il problema urgente non è capire se l’intervista sia il prodotto scadente delle chiacchiere tra una pessima giornalista e un pessimo millantatore su fatti totalmente inventati o se i fatti siano veri (o abbiano almeno un vago fondo di verità) e l’intervistatrice sia però riuscita a far apparire un genio assoluto dell’intelligence come uno dei matti delle barzellette che dicono di fare merenda con Napoleone: in qualsiasi caso, un’intervista del genere è totalmente inutilizzabile da chi voglia riuscire a capire qualcosa di più su Abu Bakr al-Baghdadi o sul gruppo terroristico che dirige. Può provocare qualche risata, se va bene, o può servire, volutamente o meno, ad altri scopi – e questo dovrebbe aggiungere nuove inquietudini a quelle che già alimenta l’organizzazione terroristica.

E’ improbabile che questa denuncia assurda di incoerenza ideologica del loro leader possa spingere qualche jihadista ad abbandonare il gruppo o qualche aspirante jihadista a non unirsi alla lotta: è una denuncia che appare priva di qualsiasi credibilità fatta in un mondo in cui milioni di persone sono assolutamente convinte che Osama Bin Laden sia ancora vivo… Al massimo un’intervista di questo tipo può spingere i terroristi ad inasprire la persecuzione contro le persone omosessuali, o presunte tali, per ribadire la loro propaganda omofobica.

Dall’altra parte, questa “notizia” si rivela molto utile per il fronte omofobico nostrano: gli esaltati che hanno proposto un folle parallelismo tra il movimento LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) e il gruppo Stato Islamico hanno finalmente una carta che (anche se solo apparentemente) potrebbe dare una vaghissima base logica al loro sproloquio – e pazienza se la carta per ora sembra solo la carta truccata di un prestigiatore maldestro. Non è un caso, insomma, se l’improbabile (e giornalisticamente improponibile) intervista sia stata subito ripresa dai campioni della stampa omofobica: Il Giornale e Libero. Se già c’è qualcuno che sostiene che l’omosessualità ha creato il nazismo (ilgrandecolibri.com), arriverà presto chi griderà che l’omosessualità ha prodotto anche l’islamismo terrorista…

Intanto però anche notizie così improbabili e così raffazzonate conquistano attenzione, alimentano i rumori di disturbo, impediscono una migliore comprensione della realtà. Non ci sono solo gli esperti che vanno al banchetto dei ricercati numero uno – e la prova è che lo dico io -, ma anche i media che riportano con gran baccano i tweet di minaccia sugli omosessuali gettati giù dalla torre di Pisa. Tutto lascia supporre che a scrivere sia stato un fake o al massimo un simpatizzante dei terroristi (così imbranato da scrivere frasi come “stiamo venendo o Roma“, “la torre pendente di Pizza” o “verremo a conquistare Rum”), ma molti media hanno preferito non notarlo e spiegare senza esitazioni come sia l’organizzazione Stato islamico “in persona” a lanciare queste minacce.

Se la risposta umoristica di molti internauti italiani è stata eccellente (lastampa.it), ci si dovrebbe anche chiedere se l’informazione dovrebbe aiutare a capire la realtà o solo ad alimentare le battute di Spinoza.

 

Pier
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