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“Madinat al-zilal al-bayda’” (La città dalle ombre bianche) è il titolo che il giovane scrittore algerino Anouar Rahmani ha dato al suo ultimo romanzo ambientato ad Algeri, nel quartiere delle rivolte Bab El-Oued. Il libro narra la storia di Jean-Pierre (nome che l’autore dice di aver scelto per la vicinanza alle opere del poeta gay Jean Sénac), un uomo francese che a 70 anni torna in Algeria, il paese che aveva difeso a fianco del suo amato algerino Khaled contro il colonizzatore francese.

Nella capitale africana Jean-Pierre sfoglia l’album fotografico e ripercorre i ricordi della guerra degli anni ’50 che scelse di combattere intrepidamente contro la sua stessa patria. Nel rivivere quegli anni, il protagonista non può che collegare le sue scelte di alzare le armi e rischiare di essere accusato di tradimento al desiderio istintivo di stare vicino all’uomo che ama, Khaled, il combattente feroce e coraggioso che ha conosciuto nel “quartiere arabo” e che finisce per morire tra le sue braccia.

Rahmani, scrittore di 25 anni, dopo diversi rifiuti di stampa da parte delle case editrici locali, ha deciso di pubblicare il libro in formato e-book nell’agosto del 2016. Malgrado le critiche e gli attacchi personali ricevuti da parte di sconosciuti e anche di alcuni importanti giornali, il giovane attivista per i diritti umani ha continuato la sua lotta per le minoranze etniche e religiose dell’Algeria fino a quando non si è visto nella foto di un post sul profilo ufficiale di Facebook dell’università di Tipaza, dove era iscritto.

accuse di blasfemia a Anouar RhamaniIl post (ora cancellato, ma riprodotto qui accanto) diceva letteralmente: “#attenzione! Anouar Rahmani, studente di secondo anno in giurisprudenza all’università di Tipaza, è omosessuale e difende i diritti dei gay e il loro matrimonio in Algeria, attacca l’Islam attraverso i suoi articoli pubblicati sulla sua pagina ‘Anouarovic’ [su Arab Blog; ndr] ed è una vergogna averlo nella facoltà. Non rappresenta nessun altro studente perché il suo unico obiettivo è distruggere la nostra società e ridicolizzare la nostra religione. Che Dio ti maledica. Sappi che sei la vergogna della tua città natale, Cherchell. Noi non siamo contro di te in quanto pervertito, sono affari tuoi e del tuo didietro, ma non osare corrompere altre persone trascinandole nella miscredenza e verso la laicità. Condividete questo post perché tutti sappiano di lui”.

L’unica colpa che potrà addossarsi questo giovane audace è di avere intelligenza in un paese il cui governo fa vivere il suo popolo come bestiame mentalmente stagnante e putrido.

E ora Rahmani è accusato di blasfemia e apostasia per aver osato descrivere atti sessuali osceni che vanno contro le tradizioni e il senso di pudore della società algerina, e per aver dipinto Dio come un clochard pazzo che spiega a un bambino come ha creato l’universo dalla gomma da masticare che aveva perso sapore in bocca. Il 20 febbraio, durante un interrogatorio durato quasi dieci ore, il giovane ha dovuto rispondere a domande assurde, quali “Tu preghi?” o “Perché hai offeso Allah?” [Arabi 21]. Dice lo scrittore: “La vera blasfemia è credere che Allah possa essere offeso da un’opera di fantasia e pensare che sia così debole da essere difeso dalla polizia”.

Inoltre, Anouar dovrà difendersi davanti a un giudice in un processo militare che subirà presto: formalmente è accusato di essere un disertore del servizio di leva, che in Algeria è ancora obbligatorio, ma sembra evidente che si sia solo un pretesto usato contro di lui per colpirlo per la sua presunta blasfemia.

Amna Guellali, ricercatrice della divisione nordafricana di Human Rights Watch, ha dichiarato a International Business Times che “in seguito a diverse minacce di morte, Anouar si è rivolto alle autorità per denunciare gli aggressori, ma la polizia non ha accettato di esporre la denuncia per mancanza di prove”.

Guellali ha anche aggiunto: “Questo fatto non è unico nel suo genere in Algeria, ci sono stati molti altri episodi simili di giovani che sono stati processati e condannati per le stesse accuse che ha ricevuto Rahmani. Ad esempio, Rachid Fodil (27 anni) e Hicham Daif (28 anni) sono stati condannati a un anno di carcere il primo e a sei mesi il secondo, per aver pubblicato canzoni ‘blasfeme’ usando alcuni versi del Corano. E non dimentichiamo Sliman Bouhafs, convertito al cristianesimo, condannato nello scorso settembre a 3 anni di carcere per aver insultato Allah e il profeta su Facebook”.

L’Algeria, paese nordafricano quasi invisibile nel panorama internazionale, al suo interno subisce la stessa repressione delle libertà personali diffusa nel mondo arabo. Ma reprimere i pensieri del proprio popolo ha sempre avuto delle conseguenze catastrofiche nel corso della storia. Ricordiamocelo.

 

Lyas
©2017 Il Grande Colibrì

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