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Esattamente un anno fa i cittadini statunitensi sono andati a votare e hanno eletto alla presidenza del paese più potente del mondo Donald Trump, dopo una campagna elettorale fatta di un fiume in piena di bugie e fanfaronate, attacchi costanti contro le istituzioni e la stampa, promesse irresponsabili di azioni contro la legge e le libertà fondamentali delle persone, parole di disprezzo per i diritti e le regole democratiche, parole di tolleranza per la violenza, parole di odio per le minoranze, soprattutto per migranti e musulmani.

Tra le minoranze colpite ci sono state anche quelle sessuali ed è di queste che ci occuperemo qui: negli ultimi dodici mesi si sono realizzati gli incubi annunciati dopo il voto [Il Grande Colibrì] o, in fin dei conti, la comunità LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersessuali e asessuali) non se l’è cavata troppo male? Ovviamente siamo consapevoli che si tratta di una questione importante che, però, non può essere separata da tutte le altre problematiche, da un quadro più ampio e generale: questo articolo vuole essere un tassello utile a comporre e a capire in modo più completo e approfondito il disegno più complesso di un puzzle più grande.

Un barbaro al potere

Guardando al quadro generale, Jack Goldsmith, professore di diritto a Harvard, ha scritto sull’Atlantic che “il bilanciamento dei poteri previsto dalla Costituzione ha tutto sommato impedito a Trump di infrangere la legge. E se ha danneggiato il suo governo, i suoi successori probabilmente non ripeteranno le sue buffonate autodistruttive”. Se il presidente, almeno per ora, ha dovuto rispettare leggi per lui insopportabili e non è riuscito a varare gran parte delle riforme promesse, ha comunque gettato alle ortiche consuetudini democratiche basilari. Ma soprattutto, aggiunge Goldsmith, “la prognosi per la nostra cultura democratica è ancora più sgradevole: il comportamento bizzarro di Trump ha imbarbarito la politica”.

[per approfondire: Quello che Trump ci insegna sui media e su di noi]

L’imbarbarimento della politica si traduce nell’imbarbarimento anche dell’opinione pubblica, come ha rilevato per esempio l’editorialista del New York Times Jim Rutenberg: “Ogni volta che Trump mente, bisogna sottolineare che sta mentendo, ma una parte del paese lo interpreta come un attacco contro di lui. È un problema serio”. Come chiosa Goldsmith, “per colpa degli eccessi di Trump, la stampa tradizionale deve scegliere se apparire antagonista o adottare toni più morbidi, dando l’impressione di ‘normalizzare’ la sua presidenza. In entrambi i casi Trump in qualche modo vince”. È una questione che, come abbiamo già scritto sul Grande Colibrì, dovrebbe suscitare molto interesse anche nel movimento LGBTQIA.

Retromarcia sui diritti

Se sembra per ora accantonata la promessa di cancellare i matrimoni gay [Il Grande Colibrì], nonostante la nomina alla Corte suprema del paladino omofobo Neil Gorsuch, il governo è intenzionato a negare i diritti delle minoranze sessuali: a luglio il ministro della giustizia Jeff Sessions ha chiarito che, nonostante l’interpretazione data dall’amministrazione Obama, le persone LGBTQIA non devono essere tutelate dalle norme contro le discriminazioni sul luogo di lavoro [The New York Times]. È omofobia, ma non solo: le politiche economiche di Trump, pur eletto come paladino dei cittadini impoveriti contro i politici legati al mondo degli affari, sono costantemente a vantaggio dell’1% più ricco, mentre puntano a togliere tutele ai lavoratori e assistenza sanitaria alle classi popolari.

Ma, seguendo quella che ormai è una tradizione dei repubblicani, il nemico numero 1 sono le persone transgender. Ad aprile il governo Trump ha abbandonato una causa contro una legge della Carolina del Nord che vuole contrastare l’accesso ai bagni delle persone trans [The Washington Post], dimostrando che per l’attuale amministrazione federale ogni stato deve decidere per sé e che Washington non deve fare nulla per evitare le discriminazioni. Anzi. A luglio Trump ha annunciato su Twitter che l’esercito statunitense sarà epurato dalla presenza di soldati transgender. È vero che a ottobre un giudice federale ha bloccato questa decisione, ma in realtà quello che succederà davvero non è ancora chiaro, come spiega The Daily Beast.

Al di là degli Stati Uniti

Altri gravi danni, come hanno denunciato tra gli altri anche alcuni parlamentari britannici [Il Grande Colibrì], sono legati alla politica estera. Se ha provocato scandalo il voto statunitense contrario alla risoluzione del Consiglio dei diritti umani dell’ONU di condanna per la pena di morte alle minoranze sessuali, non si sottolineerà mai abbastanza quanto il “Muslim ban” e altre decisioni per bloccare arbitrariamente l’accesso agli USA da alcuni paesi, così come la riduzione del numero di rifugiati accolti, ostacolino chi cerca asilo perché perseguitato in patria per il proprio orientamento sessuale o per la propria identità di genere. Più in generale, la retorica xenofoba ovviamente danneggia con particolare forza gli “stranieri” LGBTQIA.

[per approfondire: Attacco globale ai diritti LGBT: anche l’ONU è in allarme]

Ma la presidenza Trump ha anche effetti indiretti: non solo la sua vittoria ha galvanizzato e aiutato le destre razziste e omofobe in altri paesi del mondo, ma è venuta meno l’azione dell’amministrazione Obama, che – con tutti i suoi limiti e le sue ambiguità – aveva appoggiato politicamente e spesso anche finanziariamente associazioni e attivisti in tutto il mondo. Al suo posto c’è un sostanziale silenzio condiscendente di fronte alla moltiplicazione, denunciata anche dalle Nazioni Unite [Il Grande Colibrì], delle persecuzioni anti-LGBTQIA in un mondo in cui emergono sempre più leader che sfruttano in modo esplicito e compiaciuto i pregiudizi contro le minoranze sessuali.

Una corte inquietante

Insomma, sembra meglio non sperare troppo nel futuro: bene che vada, la situazione non degenererà troppo. Male che vada… beh, è difficile dirlo. Anche perché il problema non è solo la persona di Trump. C’è tutto un partito che sfrutta sempre più spudoratamente la transfobia e l’omofobia. C’è un governo pieno zeppo di nemici giurati dei diritti delle persone LGBTQIA. E c’è il vicepresidente Mike Pence, che dovrebbe essere il garante della moderazione nell’amministrazione Trump: dopo anni passati a sostenere l’idea di “curare l’omosessualità”, Pence avrebbe recentemente dichiarato, secondo una battuta del presidente, di voler impiccare tutti i gay [The New Yorker].

Ma soprattutto c’è Stephen Bannon, leader dell’alt-right (destra alternativa, come eufemisticamente si definiscono le nuove correnti dell’estrema destra): nominato inizialmente come capo stratega della Casa Bianca e poi cacciato, continua a esercitare una fortissima influenza tanto sul presidente quanto sui repubblicani, un po’ per una reale condivisione di idee e un po’ per il potere acquisito dai media “alternativi”, a partire da Breibart News, come spiega bene The Economist. Trump rischia di essere solo il buffonesco annuncio di un futuro ancora più cupo? O la società americana sarà in grado di capovolgere la situazione grazie all’ondata di attivismo e impegno politico descritta invece dal Washington Post?

 

Pier
©2017 Il Grande Colibrì

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