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C’è poco da stare allegri con tutto questo bigottismo in giro. E non si tratta dal Family day, fatto per vietare ad alcuni ciò che gli altri hanno, ma delle primarie repubblicane, iniziate ieri con i risultati non proprio previsti dello Iowa. E c’è poco da stare allegri anche se Donald Trump non ha stravinto come prevedevano i sondaggi: l’esito del voto lo ha visto conquistare il 24% delle preferenze, dietro a Ted Cruz (28%) e con poco vantaggio su Marco Rubio (23%). Trump appare certamente il nemico pubblico numero uno del matrimonio egualitario perché urla di più e perché, anche poche ore prima del voto, ha espresso il proprio disaccordo con la sentenza della Corte suprema che ha legalizzato i matrimoni tra persone dello stesso sesso in tutti gli USA: “La questione dovrebbe essere regolata dai singoli stati: se sarò eletto mi darò da fare energicamente per cambiare la situazione, anche se ci vorrà tempo” [politico.com].

TRUMP E CRUZ: LA PADELLA O LA BRACE?

Per modificare la decisione della Corte, Donald Trump vuole modificare la composizione dell’organismo giuridico più importante del paese: “Metterò alcuni giudici in panchina, così probabilmente la decisione sarà rivista” [hrc.org].

Ma, come si diceva, anche se Trump è il candidato che fa più rumore e gode di più attenzione da parte dei nostri media, non è il solo in campo repubblicano a pensarla così: infatti anche il vincitore delle primarie in Iowa, Ted Cruz, vuole appellarsi al diritto degli stati di decidere autonomamente ed arriva a definire “fuorilegge” la decisione di “cinque giudici non eletti di abbattere le leggi sul matrimonio in tutti i 50 stati” [advocate.com]. La fetta di elettorato che sostiene Cruz è in effetti il prodotto dei Tea party e dell’integralismo evangelico, tanto che ad un evento in sostegno del candidato di origini cubane, Phil Robertson (star TV, affarista e cacciatore professionista) ha definito maligni e malvagi i matrimoni tra persone dello stesso sesso, affermando che “il nucleo morale del paese sta crollando” [wtvr.com].

MARCO RUBIO: UN MALE (FORSE) MINORE

La buona notizia allora potrebbe essere l’insperato risultato, a un’incollatura da Trump, di Marco Rubio, certamente il più moderato tra i candidati repubblicani che hanno chance di vittoria. Ma è una buona notizia a metà, visto che Rubio (come del resto Jeb Bush, Rand Paul, Ben Carson, Carly Fiorina, Rick Santorum, Mike Huckabee e lo stesso Ted Cruz) ha firmato in favore della Legge per la difesa del primo emendamento, che permetterebbe di mettere in pratica (per convinzioni personali o religiose) una serie di discriminazioni che potrebbero colpire nella loro vita quotidiana le persone LGBT [thinkprogress.org].

Nei giorni scorsi, inoltre, Rubio ha difeso ancora una volta il governatore dell’Indiana Mike Pence e il diritto da questi sancito nel suo stato di introdurre discriminazioni per ragioni religiose. In questo caso, però, un sondaggio che ha preso in esame un campione bipartisan della popolazione ha rivelato che Rubio non sarebbe in sintonia nemmeno con i suoi potenziali elettori, in maggioranza convinti che il governatore sia dalla parte del torto [hrc.org].

IL MASOCHISMO DEI GAY REPUBBLICANI

Visto il panorama, verrebbe da pensare che non ci sia un gay così pazzo negli Stati Uniti da votare repubblicano. Ma naturalmente c’è, e non è nemmeno uno solo. Fiancheggia l’elefantino, infatti, tutta un’associazione, la Log Cabin Republicans (LCR) [ilgrandecolibri.com]. Il suo presidente, Gregory T. Angelo, era addirittura un entusiasta sostenitore di Donald Trump, fino a un mese fa; poi il suo beniamino ha ricevuto l’investitura del leader evangelico e presidente della Liberty University Jerry Falwell, nemico giurato della comunità LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) e Trump è scomparso dai discorsi dei gay repubblicani, che però non hanno saputo trovare un altro candidato da sostenere [huffingtonpost.com].

Da allora, i membri della LCR si dedicano a denigrare Hillary Clinton, ricordando come in passato, “quando contava“, sia stata contraria alle egualitarie e sostenitrice della Legge a difesa del matrimonio, firmata dal marito Bill durante la sua presidenza, e a sostenere che Bernie Sanders non si è ancora apertamente pronunciato a favore dell’uguaglianza per le persone LGBT [buzzfeed.com]. Insomma, i gay repubblicani possono solo decidere chi è il democratico peggiore, mentre non riescono proprio a trovare un repubblicano potabile. Omosessuali e transgender democratici godono di miglior fortuna, dovendo scegliere tra chi sostiene i diritti LGBT da sempre e chi, convertitasi più di recente, ne è però poi diventata un’icona [ilgrandecolibri.com]. E sperano che nessun repubblicano vinca le elezioni.

 

Michele
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