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Se qualcuno avesse mai avuto dubbi circa l’utilità delle operazioni di esportazione della democrazia intentate in Medio Oriente negli scorsi anni, leggere la storia della situazione per le persone LGBTQ* in Iraq potrebbe aiutarlo a farsi un’idea dei danni collaterali (oltre alle persone uccise direttamente) che simili operazioni causano.

Le cose erano relativamente tranquille fino alla prima guerra del Golfo, che spinse il laico Saddam a corteggiare l’estremismo religioso, e la sua caduta, alla fine della seconda guerra del Golfo, non fece che peggiorare la situazione: se prima la pena di morte era prevista per la sodomia, ora si eseguono pene capitali per il solo fatto di essere (o essere accusati di essere) omosessuali (Il grande colibrì). Negli ultimi mesi però la situazione è diventata ancora più tragica, con vere e proprie cacce all’uomo, liste di “colpevoli” da punire affisse nelle strade e spedizioni punitive sempre più frequenti, tanto a Baghdad quanto in alcune province del sud (Il grande colibrì).

La situazione ha richiamato l’attenzione dell’associazione internazionale “AllOut”, dedicata a promuovere l’uguaglianza dei diritti ovunque nel mondo: lo scorso 10 marzo un’azione di sensibilizzazione è stata tentata a proposito degli omicidi di giovani gay o alternativi avvenuti nei due mesi precedenti (AllOut). Ma richiamare la scarsa attenzione internazionale ormai non basta più: qui non c’è un governo a cui scrivere o un organismo internazionale da far intervenire, questa è la “democrazia” che i paesi occidentali hanno importato in Iraq, una sorta di anarchia dove chiunque possa esercitare un potere, meglio se armato, detta la sua legge. Quindi qui ci sono da salvare delle vite umane.

Per questo nei giorni scorsi AllOut ha lanciato una nuova campagna, volta a raccogliere fondi per far fuggire dai luoghi più pericolosi chi sta rischiano la propria vita ed offrirgli un rifugio sicuro. Sebbene l’associazione normalmente non si occupi di raccogliere fondi, lo staff ha deciso di fare uno strappo alla regola e di aiutare l’Iraqi Refugee Assistance Project a far espatriare o almeno a far raggiungere un luogo più sicuro trenta ragazzi: per farlo bisogna raccogliere 65mila dollari, una cifra certo notevole ma sicuramente possibile se tutti faranno la loro parte per contribuire o anche solo per diffondere questa richiesta di aiuto.

Naturalmente la comunità internazionale, già gravemente responsabile per l’involversi della situazione, andrà nuovamente sollecitata ad uscire dal suo torpore ed intervenire, ma nel frattempo, prima che decine o centinaia di altri omosessuali, emo (Il grande colibrì) o persone non conformi vengano assassinate, occorre offrire un rifugio sicuro a chi corre rischi tanto gravi ed ha già cominciato a subire violenze. E Il grande colibrì non poteva certo esimersi dal richiamare l’attenzione su questa importante iniziativa.

 

Michele
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