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L’Ungheria ha deciso che non parteciperà all’Eurovision 2020 che si terrà a Rotterdam. Sebbene non siano state rilasciate motivazioni ufficiali, è facile capire come a seguito della svolta conservatrice del governo di Viktor Orbán, la partecipazione a un evento storicamente vicino alla comunità LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali) possa non essere ben vista dalla classe dirigente del paese.

E infatti secondo molti la decisione di ritirarsi sta proprio nella considerazione del contest europeo come “troppo gay”. In una intervista, András Bencsik, editore della rivista Magyar Demokrata, ha commentato positivamente la notizia, affermando di essere contento che il paese “non faccia parte della flottiglia omosessuale a cui è stata ridotta questa competizione canora internazionale […] in cui la distruzione della pubblica decenza avviene tramite travestiti che strillano e donne barbute“.

L’Ungheria non è il primo paese a creare polemiche all’Eurovision. Nel 2018 la TV cinese aveva deciso di censurare parte delle esibizioni del contest, come il balletto gay proposto dall’Irlanda. L’Eurovision è da sempre un luogo in cui la musica e la libertà di espressione sono andate di pari passo con la difesa dei diritti e per questo si è imposto come luogo di apertura e inclusione.

Le motivazioni di Orbán

La decisione di Budapest, che storicamente ha sempre partecipato al programma, mostra come ancora oggi sia difficile accettare anche le forme più “innocue” di libertà di espressione, come può esserlo la musica. D’altra parte, l’Ungheria di Orbán da tempo sta portando avanti una politica non inclusiva e contraria al riconoscimento della comunità LGBTQIA. Solo qualche mese fa il governo aveva chiesto di boicottare la Coca Cola perché in una pubblicità aveva rappresentato una coppia di ragazzi con la scritta “Zero sugar, Zero prejudice” (zero zucchero, zero pregiudizi).

L’opposizione all’apertura e al dialogo con il “diverso”, chiunque esso sia, ha trovato nelle politiche ungheresi la sua massima rappresentazione e così l’inasprimento della classe dirigente contro la comunità LGBT si concretizza in una chiusura sempre più netta al mondo esterno. Infatti, se da un lato la decisione dell’Ungheria mostra un atteggiamento ostile alla promozione della diversità, dall’altro questa scelta va anche contro il senso di appartenenza che un evento come l’Eurovision promuove. Nelle campagne antieuropeiste di Orbán, infatti, l’idea di unione viene sostituita da quella di forza e confini.

Antonella Cariello
©2019 Il Grande Colibrì
foto: elaborazione da Albin Olsson (CC BY-SA 3.0)

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