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Un anno fa la Corte suprema dell’India ha “restaurato” l’articolo del codice penale coloniale che mette fuori legge il sesso contro natura (ilgrandecolibri.com) e nella primavera scorsa a complicare le cose per le persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali) del paese c’è stata la vittoria del conservatore indù Narendra Modi. Ma né l’attivismo, né la società – sia pure tra mille arretratezze – si sono dati per vinti e così cinema, televisione ed arte hanno dato sempre più spazio alla realtà omosessuale e a quella transessuale (ilgrandecolibri.com) e domenica scorsa si è svolto a Nuova Delhi un importante Pride con la partecipazione di centinaia di persone (reuters.com).

Stiamo dimostrando che esistiamo – ha spiegato l’attivista Mohnish Kabir Malhotra – e non siamo certo una minoranza minuscola, bisogna considerarci“, mentre molti manifestanti si mostrano fiduciosi nei confronti del nuovo presidente, da cui non si attendono brutte sorprese. Anzi. “Modi è una persona molto saggia e non farà nulla che possa danneggiare qualsivoglia cittadino indiano“, secondo l’attivista Rudrani Chettri.

Nei giorni immediatamente precedenti la festosa parata di Delhi, qualche dubbio sulla benevolenza delle autorità era sorto: all’indomani del Pride di Bangalore una grossa operazione di polizia aveva portato all’arresto di oltre 150 hijra a Bangalore, fermate con varie scuse (principalmente con l’accusa di praticare l’accattonaggio), malgrado proprio le appartenenti al “terzo sesso” sembrassero destinatarie di maggiori concessioni in termini di diritti (ilgrandecolibri.com). In realtà dietro il grave ed arbitrario arresto di massa, contro cui si stanno muovendo i legali delle associazioni e gli attivisti, pare possa esserci stato uno sgarro di un’appartenente al movimento transgender (orinam.net), tanto che il rilascio di tutte le hijra e delle persone con cui si trovavano è stato quasi immediato (towleroad.com).

A consigliare una politica libertaria, seppure senza espliciti riconoscimenti di diritti, potrebbe essere un interessante studio della Banca mondiale, che analizzando – tra l’altro – proprio le discriminazioni nella società indiana, stima una perdita di produzione valutabile come minimo tra lo 0,1 e l’1,4% per il paese (il dato ha una variabilità molto alta perché è estremamente difficile quantificare le persone LGBT in un paese in cui vigono norme ancora repressive). Il dato ha a che fare con il benessere dei lavoratori appartenenti a queste minoranze, ma anche alla percezione di apertura (o di chiusura) da parte dei turisti e dei tour operator e a numerosi altri fattori (theatlantic.com).

E quanto possa far male all’economia una politica oscurantista lo dimostra, nel suo piccolo, il caso del bazar D’kloset di Mumbai, che ha fatto fortuna negli anni in cui la Corte suprema ha lasciato che la legislazione anti-gay coloniale rimanesse sospesa, come stabilito da una corte locale. D’kloset era l’unico negozio dedicato esclusivamente alla clientela gay, che ora preferisce nascondersi invece che andare in un negozio in cui rischierebbe la stigmatizzazione e che, soprattutto, non ha nessuna intenzione di mettersi vestiti colorati come quelli proposti da Inder Vhatwar, che infatti ha deciso di chiudere l’attività (theguardian.com). Forse la paura di essere presi di mira dagli estremisti indù è eccessiva, ma di sicuro non avere un minimo appiglio legale per far valere le proprie ragioni non aiuta ad essere coraggiosi.

Per fortuna, comunque, come si diceva in apertura, la società avanza e il cinema ne è specchio fedele: il famoso attore Manoj Bajpayee, chiamato ad interpretare il ruolo di un insegnante universitario gay che fu oggetto di un caso clamoroso, oltre che di una sospensione per alcuni rapporti sessuali (consensuali) con studenti, ha dichiarato di non preoccuparsi di doversi calare in un ruolo omosessuale. “Perché dovrei trovarmi a disagio? – si è chiesto Bajpayee – La sessualità è una questione che non dovrebbe interessare a nessuno, non definisce ciò che è una persona” (indianexpress.com). Insomma, quello che non arriva (ancora) dalla politica e dalle istituzioni, per la settima arte è ormai la normalità. Non sarà tutto, ma di certo è un buon inizio.

 

Michele
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