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Se ancora non lo hai capito, questa non è una bandiera bianca!” recita, sotto un drappo arcobaleno, lo slogan forse più bello e combattivo mostrato durante una delle tante manifestazioni che hanno animato l’India , dal Tamil Nadu a sud (thehindu.com) a Calcutta a nord (dnaindia.com), contro la sentenza della Corte suprema che ha ripristinato il reato di “rapporti carnali contro l’ordine naturale” (ilgrandecolibri.com). Attivisti omosessuali, intellettuali, artisti, semplici cittadini hanno protestato nelle piazze fisiche come in quelle virtuali: i tweet indignati sono stati tantissimi (thehindu.com) e anche l’iniziativa “Gay for a day!” (Gay per un giorno!) su facebook.com ha avuto un enorme successo, con migliaia di persone eterosessuali che hanno scelto come immagine del profilo una fotografia in cui baciavano un amico dello stesso sesso: “Appoggiamo la libertà dei nostri amici, familiari e concittadini di esprimere la loro sessualità“.

Protesta anche la Commissione nazionale per i diritti umani, che lancia un appello al governo affinché agisca a favore delle persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) dopo una sentenza che li lascia “privati dei loro diritti” (nhrc.nic.in). La richiesta è la stessa anche da parte degli psicologi e degli psichiatri, che ora temono un’impennata nei casi di depressione e di abuso di sostanze nella popolazione omosessuale (telegraphindia.com). E il Programma delle Nazioni Unite per l’AIDS/HIV ricorda come la criminalizzazione dell’omosessualità “rende più difficile fornire servizi di prevenzione e trattamento dell’HIV a una popolazione che ne è particolarmente colpita” (unaids.org).

Purtroppo però qualcuno è pronto a fare orecchie da mercante a qualsiasi ragionamento umano e razionale. A proposito di HIV, ad esempio, Azam Khan, ex ministro dell’Uttar Pradesh (lo stato federato indiano più popolato, con 200 milioni di abitanti), ha difeso il reato di omosessualità perché “queste attività sono insalubri e diffondono malattie croniche come l’HIV” (zeenews.india.com).

Intanto il Congresso Nazionale Indiano, il principale partito nella maggioranza a livello federale, tuona contro la sentenza. Sonia Ghandi, presidentessa della forza politica, si è detta profondamente amareggiata e delusa dalla decisione della Corte suprema: “Spero che il parlamento affronti la questione e sostenga la garanzia costituzionale della vita e della libertà di tutti i cittadini dell’India, compresi quelli direttamente colpiti dalla sentenza“. Suo figlio Rahul, vice-presidente del partito, usa parole altrettanto decise. Il Congresso dunque imporrà subito un cambiamento, seguendo un percorso che la stessa Corte suprema ha esplicitamente indicato come percorribile senza problemi costituzionali? “Non ora” risponde piddinamente Sushilkumar Shinde, ministro degli Interni ed esponente di spicco del Congresso (indianexpress.com).

Molto più deciso, purtroppo, appare la principale forza di opposizione, il Partito Popolare Indiano: dopo un lungo ed imbarazzato silenzio, il movimento ha capito che una posizione gay-friendly avrebbe forse permesso di guadagnare qualche voto laico e liberale nelle élite culturali, ma avrebbe messo in pericoloso la base elettorale più tradizionalista. E così, confrontando costi e benefici, il presidente Rajnath Singh se n’è uscito con parole molto pesanti: “Appoggiamo la sezione 377 [l’articolo di legge che criminalizza i “rapporti carnali contro l’ordine naturale“] perché crediamo che l’omosessualità sia contro natura e non possa essere approvata” (telegraphindia.com).

E il suo compagno di partito Yashwant Sinha, uno dei politici più famosi nel paese, rincara la dose e chiede di perseguire penalmente i diplomatici degli Stati Uniti che abbiano relazioni omosessuali in India, usando l’omofobia come strumento di ripicca in un caso diplomatico che sta mettendo in crisi i rapporti tra le due nazioni (timesofindia.indiatimes.com).

Il Partito Popolare Indiano, d’altra parte, è da sempre espressione dell’induismo nazionalista e tradizionalista. E il Consiglio mondiale induista si è complimentato con la sentenza anti-gay sostenendo che l’omosessualità sarebbe “una malattia importata” che dovrebbe essere combattuta vietando la vendita di alcolici e inserendo ore di educazione morale nei currricula scolastici (oneindia.in). Peccato che ad essere stata importata dai colonizzatori britannici in India non sia stata l’omosessualità, ma l’omofobia, come testimoniano proprio i libri sacri induisti, popolati da divinità ed essere umani che hanno spesso relazioni amorose con personaggi del proprio stesso sesso, e i loro templi, ricchi di esplicite e vivaci scene in cui l’unione carnale può essere indifferentemente eterosessuale, omosessuale o bisessuale…

Le posizioni dei sikh, di solito, non sono molto più concilianti di quelle degli induisti. Jathedar Gurbachan Singh, sommo sacerdote dell’Akal Takht, uno dei templi più importanti del sikhismo, si è dichiarato a favore della sentenza della Corte costituzionale e ne ha approfittato per lanciare un appello ufficiale ai sikh di tutto il mondo: “Dio ha creato gli uomini e le donne e le relazioni tra persone dello stesso sesso non sono ammesse. I predicatori dovrebbero diffondere il messaggio contro i matrimoni omosessuali nella comunità” (newindianexpress.com).

Il ripristino della Sezione 377, però, non dovrebbe inquietare solo gay e lesbiche, come fa notare la giornalista Swati Deshpande su timesofindia.indiatimes.com: la norma, infatti, punisce chiaramente ogni forma di rapporto sessuale differente dalla penetrazione del pene nella vagina. Anche se si è trattato finora di casi sporadici, non bisogna dimenticare che i giudici hanno comminato in passato pene anche per rapporti orali o anali avuti da eterosessuali adulti e consenzienti. E’ il sesso o la sessuofobia ad essere davvero innaturale nel paese del Kama Sutra?

 

Pier
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