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Il primo è il campione della democrazia: si chiama Joko Widodo, ma i suoi connazionali preferiscono il soprannome affettuoso di Jokowi. Membro del Partito democratico indonesiano ed ex sindaco di Surakarta (città in Giava centrale con una popolazione di più di 500mila persone), attualmente è governatore della capitale Giacarta. Di umili origini, è conosciuto in tutto il paese per il suo buon governo (è stato molto efficace nel garantire sviluppo e politiche sociali allo stesso tempo) e per essere uno dei pochissimi politici indonesiani mai toccati da scandali. “Ricordiamoci come Jokowi ha governato Solo [altro nome di Surakarta; n.d.R.]: ha persuaso i profittatori ad andare via dalle strade senza violenza – spiega Teguh, direttore dei settori educazione e organizzazione di Suara Kita, associazione LGBT che si concentra sul giornalismo – E anche a Giacarta è stato molto attivo nell’affrontare i problemi della città“.

Il secondo simboleggia un ritorno all’autoritarismo. E’ Prabowo Subianto, “l’erede di Suharto“: legato ai livelli più alti del capitalismo indonesiano, il leader del Partito per il movimento della grande Indonesia (Gerindra) ha avuto un ruolo importante nell’esercito del dittatore. “Non possiamo dimenticare quanto sia stato implicato nei crimini contro l’umanità commessi nel 1998“: quell’anno violenze di massa contro la minoranza cinese provocarono più di mille morti.

Jokowi o Prabowo? Oggi gli abitanti dell’Indonesia (il gigante democratico del sud-est asiatico con i suoi 237 milioni di abitanti e le sue 13.466 isole) sono chiamati alle urne per scegliere uno di questi due sfidanti e per eleggerlo presidente della repubblica, con probabili forti effetti sul rispetto dei diritti umani e sul futuro politico di tutta la regione. La scelta inizialmente è sembrata ovvia: chi poteva preferire un sinistro esponente della vecchia dittatura a un figlio immacolato ed efficiente della democrazia? I sondaggi prevedevano un trionfo di Jokowi, ma poi le cose hanno iniziato a cambiare: le indagini statistiche raccontano di una spettacolare rimonta di Prabowo, le tv spiegano che la classe media si starebbe sempre più orientando a votare il candidato di Gerindra.

Ma è tutto vero? Teguh ha qualche dubbio: “La classe media è spaventata da Prabowo. Se vince Jokowi, non gli succederà nulla, potranno continuare a gestire i propri affari correttamente, semplicemente seguendo le leggi, ma se vince Prabowo le loro attività diventeranno difficili, avranno bisogno di intermediari per facilitare i propri affari“. E i sondaggi, allora? “Sul voto influiscono molti fattori, ma forse sono solo un’illusione: Prabowo è sostenuto da due grandi società che controllano una grande parte del settore dei media, mentre Jokowi è sostenuto solo da una società di media“.

Con Teguh vogliamo parlare soprattutto delle ripercussioni che il voto potrà avere sui diritti delle persone LGBT. La sua associazione, Suara Kita (La nostra voce), è molto attiva nell’educare al rispetto delle diversità, nel fare campagne a favore dei diritti, nell’organizzare la comunità omosessuale e transgender (suarakita.org). “Abbiamo organizzato conferenze pubbliche per educare il pubblico sulla sessualità, facciamo sempre campagne per fermare la violenza contro le persone LGBT e organizziamo attività per la comunità per stare insieme, per parlare dei propri problemi e per superare la propria solitudine“. Il loro rapporto annuale, pubblicato su scribd.com, è molto ricco e interessante.

Se leggiamo i programmi elettorali – spiega Teguh – nessuno dei due cita specificatamente i diritti LGBT. Entrambi, però, usano un’altra espressione, ‘kelompok rentan’, che potremmo tradurre come ‘gruppi vulnerabili‘, e promettono di proteggerli dalla violenza e dalla discriminazione. Sebbene questa espressione possa indicare qualsiasi gruppo, come i lavoratori del sesso, le persone HIV-positive, quelle disabili, i bambini di strada, eccetera, noi la interpretiamo come comprensiva delle persone LGBT“. Le promesse arrivano tanto da Jokowi quanto da Prabowo: bisogna fidarsi?

Suara Kita non si fida. Prabowo è bravo a nascondere i suoi lati più oscuri e pericolosi, ad esempio i suoi alleati. “Per noi è stato uno shock scoprire che Prabowo ha cooperato con il Fronte dei difensori dell’Islam (Front Pembela Islam; FPI), un gruppo non solo intollerante, ma che ricorre anche alla violenza fisica“. Ad inquietare è anche il programma (viva.co.id) di questa organizzazione integralista, che ha accresciuto la sua forza in Indonesia negli ultimi anni: “Al primo punto l’FPI chiede a Prabowo di rendere i valori islamici come fondamento ideologico dello stato: ‘Tutto ciò che viene fatto nell’amministrazione dello stato non deve essere in conflitto con i valori islamici’. E al secondo punto, l’FPI vuole che Prabowo estirpi l’omosessualità, giudicata immorale come la droga e il gioco d’azzardo“.

Anche Jokowi è un fedele musulmano, ma ha ribadito di credere in un Islam come “rahmatan lil-alamin” (benedizione per il mondo), cioè in un Islam portatore di pace e non di odio. Proprio per questo, ha promesso di difendere la tradizionale tolleranza indonesiana e il principio costituzionale “Bhinneka Tunggal Ika” (unità nella diversità). “E’ davvero ovvio perché le minoranze preferiscono Jokowi a Prabowo” conclude Teguh. Ed è davvero ovvio perché le elezioni indonesiane di oggi potranno cambiare il destino di milioni di persone dentro e fuori il gigante del sud-est asiatico.

Pier Cesare Notaro
©2014 Il Grande Colibrì

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