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Sergio Lo Giudice (blog) è uno dei pochi rappresentanti gay dichiarati eletto in Parlamento nelle liste del PD. Presidente dell’Arcigay dal 1998 al 2007, consigliere comunale a Bologna da una decina d’anni, ha sposato il suo compagno ad Oslo nel 2011, intraprendendo una battaglia per il riconoscimento delle sue nozze anche in Italia. Abbiamo deciso di intervistarlo per sapere quali saranno, secondo lui, le prospettive di questo Parlamento, del governo che dovrebbe nascere e delle battaglie LGBTQ* in questo complicato scenario politico.

Pensi che la situazione di stallo in cui versa il Parlamento in questi giorni riuscirà a sbloccarsi? E, al di là dell’opinione ufficiale del tuo partito, quali sono le tue speranze e le tue previsioni sulla formazione di un governo?

Io mi auguro che vada in porto il tentativo di dialogo che Bersani sta cercando di attivare, per adesso senza risultati, con il M5S. Se i parlamentari di Grillo dessero un segno di disponibilità anche solo a fare partire un governo, ne vedremmo delle belle. Questo è il Parlamento più laico della storia della Repubblica e quello più disponibile a misure radicali di riforma della politica e della legislazione sociale: se fra sei mesi dovesse essere sostituito da uno a maggioranza PdL, cosa che alcuni sondaggi dicono, avremmo perso un’occasione storica di cambiare questo paese. Spero che i deputati grillini ci pensino bene prima di fare sciogliere il parlamento per un irrigidimento totale rispetto a qualunque forma di dialogo.


Malgrado continuino ad esserci rappresentanti LGBTQ* in Parlamento e anche tra gli otto punti di Bersani ce ne sia uno dedicato ai diritti (Il grande colibrì), sembra che questi siano un po’ scomparsi dall’agenda politica. Cosa ne pensi? E quali sono le prospettive perché si arrivi almeno ad una legge sulle unioni civili, secondo te?

In verità il tema dei diritti civili – e in particolare il riconoscimento giuridico delle coppie dello stesso sesso – è rientrato in questa campagna elettorale ed è ancora in piedi: se riuscirà a fare un governo, Bersani si è già impegnato ad una legge sulle unioni gay e lesbiche sul modello tedesco,  che riconosca diritti analoghi al matrimonio, dalla successione alla pensione di reversibilità, e che permetta finalmente al genitore non biologico di una famiglia arcobaleno di adottare i figli del/la partner. Io rimango convinto che la strada maestra sia quella dell’estensione del matrimonio civile alle coppie dello stesso sesso. Ho presentato un disegno di legge che chiederò venga discusso.

A Parlamento appena insediato hai subito chiesto di estendere la copertura sanitaria per tuo marito, che tuttavia per la legge italiana è poco più di niente nei tuoi confronti. Per i distratti e i fanatici anti-casta che vedono un privilegio ovunque ci sia un politico, vuoi spiegarci a cosa mira questa tua mossa?

Credo che dobbiamo  utilizzare tutte le occasioni possibili  per segnalare una discriminazione diretta o indiretta  verso le persone LGBT. Io lo faccio da sempre e l’ho fatto anche in questo caso. Non è tollerabile che un’assicurazione sanitaria (questa o qualunque altra) copra i conviventi di una coppia  etero e non di una coppia gay, per di più sposata, anche se non riconosciuta in Italia. Credo che sia profondamente sbagliato sovrapporre a questa mia azione il tema dei privilegi dei politici. Per me possiamo ridurre al minimo quella copertura sanitaria, ma finché ci sarà non può essere riservata alle coppie di sesso diverso e discriminare le coppie lesbiche e gay.

Tu sei probabilmente l’unico esponente di spicco del mondo LGBTQ* che è passato attraverso il meccanismo delle primarie del PD, mentre Paola Concia e Ivan Scalfarotto hanno (più o meno elegantemente) svicolato (Il grande colibrì). Non pensi che dovremmo smettere di farci trattare da riserva indiana ed essere candidati perché ci presentiamo e veniamo scelti, senza essere imposti?

Io mi sono messo in gioco  con le primarie e ho avuto quasi cinquemila voti di preferenza. E’ chiaro che questo legittima molto la mia azione in Parlamento. Va detto però anche che oggi in Italia, a differenza di quanto avviene nei paesi anglosassoni, si sottovaluta l’importanza che il voto gay vada a rappresentanti della comunità LGBT, altrimenti potremmo eleggere un numero molto più alto di parlamentari LGBT e questo rafforzerebbe la nostra capacità di ottenere risultati legislativi.

 

Michele
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