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Tra Africa e Medioriente la violazione dei diritti delle persone LGBTQ* è all’ordine del giorno. Le notizie che arrivano spesso sembrano un bollettino di guerra, ma le vittime sono sempre tutte da una sola parte e la vittima per eccellenza è l’eguaglianza di tutte le persone quali che siano le loro convinzioni, appartenenze o apparenze. In questi giorni le notizie non sono nemmeno tra le più crude.

I locali pubblici del Kenya mettono al bando la clientela gay e lesbica probabilmente per evitare grane, essendo i pestaggi di persone LGBTQ* assai frequenti (Identity Kenya). Persino i locali fino a pochi giorni fa considerati come i punti di ritrovo non ufficiali della clientela gay e lesbica hanno applicato questa nuova direttiva ed appare difficile credere che tutto debba essere ricondotto a due uomini sorpresi dalla polizia ad accarezzarsi in un bagno del “Tacos”, visto che questa esclusione dai locali non riguarda la sola Nairobi ma anche Nakuru e Mombasa.

Ma è andata peggio agli organizzatori della riunione sui diritti degli omosessuali dell’Est e del Corno d’Africa in corso in un albergo a Kampala (Uganda), ieri, che hanno visto arrivare la polizia ad irrompere nella sala in cui erano riuniti ed anche nelle stanze d’albergo dei partecipanti all’assemblea. Il bilancio è di 17 arrestati, solo perché alcuni attivisti hanno fatto in tempo a fuggire, informati dai media dell’imminente retata.

Benché l’omosessualità sia proibita in Uganda, la riunione era stata organizzata pubblicamente non avendo altro scopo che lo studio della difesa dei diritti civili. Scatenate le reazioni degli organizzatori: “Queste molestie ridicole nei confronti di attivisti per i diritti umani non hanno alcuna ragione giuridica e devono finire – ha detto Michelle Kagari, vicedirettore di Amnesty International per l’Africa – Chiediamo alla polizia di porre fine a questo scandaloso comportamento che si fa beffe degli obblighi dell’Uganda in materia di diritti umani”.

Intanto a Rio de Janeiro, comunità ebraica e attivisti LGBTQ* sono in fermento per l’annunciata visita nel Paese del presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad: mentre si preparano cartelli e striscioni che mostrino al campione delle violazioni dei diritti umani che non è il benvenuto in Brasile, si organizzano raduni che dovrebbero raccogliere centinaia di persone per contestare il leader di Teheran (AFP).

Ma la notizia del giorno arriva da Israele, dove un palestinese musulmano proveniente da Nablus e residente a Tel Aviv ha fatto ricorso all’Alta Corte di Giustizia per ribaltare il giudizio negativo del Ministero e non essere rimpatriato. Essendo omosessuale esistono fondate ragioni di credere che egli rischierebbe la vita se dovesse essere costretto a tornare nel territorio controllato dall’autorità palestinese: la sua testimonianza racconta infatti di arresti, torture e pestaggi a cui è stato sottoposto da parte della polizia del suo Paese d’origine. Per non parlare della sua famiglia, che sentendosi disonorata dalla sua omosessualità, gli ha ingiunto di non tornare mai più in patria (Times of Israel). E ce ne vorrà di vernice rosa per ridipingere l’immagine israeliana, nel caso – più che prevedibile – che la Corte rigettasse l’istanza del palestinese.

 

Michele
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3 Comments

  • Anonimo ha detto:

    CRISTO HA PARLATO CHIARO CARO AMICO CHI SI PENTE VERRA SALVATO MA DEVE ABBANDONARE LA CONDOTTA DEPRAVATA
    PIE61

    • Michele Benini ha detto:

      Purtroppo della stupidità e della grettezza non ci si può pentire. Però esistono possibili rimedi, quali la lettura e la conoscenza. So che è difficile, ma ce la puoi fare anche tu…

  • Israeliano Gay ha detto:

    Israele è pieno di rifugiati in tutto il mondo che sono illegali e stanno morendo di fame e sono a volte picchiati a sangue da bande criminali, come accade ogni giorno nei sobborghi di Tel Aviv. Il nostro stato si oppone a dare il diritto di asilo politico, tante persone che sono stati perseguitati nel mondo muoiono per i nostri disinteressi, per mantenere più forte etnia ebraica in Israele. I gay non si curano di queste persecuzioni, solo di avere i loro bar e club gay.

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