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Non so quanto vivrò ancora, perciò vorrei che questo sia il mio ricordo qui, prima di morire. Non lascerò la mia casa, succeda quel che succeda. Il mio più grande rimpianto è di non aver baciato questo ragazzo. È morto due giorni fa. Ci eravamo detti quanto ci piacevamo, ma la volta scorsa sono stato timido e non l’ho baciato. È morto durante i bombardamenti. Credo che con lui sia morta anche una grande parte di me. Presto morirò anch’io. Yunus, ti bacerò in cielo.

Sono le parole di un ragazzo che ha perso il suo amato a Gaza, durante i bombardamenti israeliani degli ultimi giorni.

© Foto di Mohammed Ibrahim / Unsplash

Stiamo assistendo impotenti a un assedio e a un massacro che si svolgono sotto i nostri occhi, con l’appoggio della comunità internazionale. Le persone che abitano a Gaza sono state private di rifornimenti di acqua, elettricità e medicine, costrette a un trasferimento forzato, e il bilancio attuale è di 2837 vittime palestinesi a Gaza, tra cui 1030 bambini e bambine.

Il 7 ottobre, Hamas, partito politico islamista che governa la Striscia di Gaza, ha sferrato un attacco senza precedenti a Israele, facendo più di 1300 vittime e rapendo 199 ostaggi. Questo bagno di sangue ha ricordato tragicamente al mondo che non si possono continuare a ignorare le violazioni continue dei diritti dei palestinesi, l’espansione della colonizzazione israeliana, il blocco imposto su Gaza dal 2007, e i più di 1300 palestinesi in detenzione amministrativa per mesi o anni, senza processo, nelle carceri israeliane. In risposta all’attacco, Benjamin Netanyahu, primo ministro di Israele, ha dichiarato guerra a Hamas, lanciando una delle offensive più violente mai viste contro il popolo di Gaza.

© Foto di Mohammed Ibrahim / Unsplash

Non staremo qui a ricordare la lunga storia della colonizzazione, del conflitto, dell’occupazione o di Hamas. Vi rimandiamo agli articoli che Il Grande Colibrì ha già scritto, e a un approfondimento organizzato da Tlon, per provare a rimettere le cose nel loro contesto:

Il 7 ottobre, è scomparsa – probabilmente presa in ostaggio a Gaza – anche Vivian Silver, un’attivista israeliana di Btselem, gruppo di difesa dei diritti umani che documenta e si oppone ai crimini dell’occupazione. Mesi fa, in occasione della visita del presidente americano Biden in Israele, Btselem aveva appeso in Cisgiordania poster che dicevano:

“Signor Presidente, questo è apartheid”

L’associazione intanto piange anche la morte di 41 familiari di due amici palestinesi, uccisi in questi giorni a Gaza dalle bombe israeliane.
Anziché fare qualcosa per fermare la spirale di odio e di sangue, i politici e i media dei paesi occidentali hanno dato prova in questi giorni di un sostegno incondizionato a Israele, dando il via libera al massacro in corso a Gaza. Le voci a sostegno della Palestina vengono azzittite e accusate di apologia di terrorismo. In Francia, qualsiasi manifestazione pro-palestinese è stata proibita. In Italia, il drammaturgo ebreo Moni Ovadia si è dimesso dall’incarico di direttore del teatro di Ferrara, dopo che un senatore di Fratelli d’Italia ne ha chiesto le dimissioni per aver osato sottolineare la responsabilità del governo israeliano rispetto all’escalation di violenza di queste settimane.

È difficile vedere la luce fuori da un tunnel che si fa sempre più buio. Eppure, non vogliamo rinunciare alla prospettiva di una decolonizzazione delle terre dal mare al Giordano e di una pace davvero giusta per le persone che vi abitano. Forse, una volta sembrava impossibile pensare alla fine di altri regimi di apartheid, come quello in Sudafrica, ma alla fine è successo. Intanto, bisogna fermare il massacro.

 

Simone Spera
©2023 Il Grande Colibrì
immagine: elaborazione da foto di Ahmed Abu Hameeda / Unsplash

 

© Foto di Ahmed Abu Hameeda / Unsplash

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