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Domenica, mentre a Mosca i tifosi messicani intonavano il loro solito coro omofobo (“puto“, marchetta, frocio) durante la partita dei Mondiali di calcio contro la Germania, in Messico venivano ritrovati i cadaveri di tre attivisti gay, uccisi con un colpo di pistola alla testa. È successo a Taxco, cittadina nello stato meridionale di Guerrero, conosciuto per le violenze di organizzazioni criminali e forze dell’ordine che lo sconvolgono da tempo .

“No son tres gays: somos todos”

Il più noto dei tre ragazzi ammazzati era Rubén Estrada, un professore di 35 anni che aveva avuto il coraggio di fare coming out già da adolescente e che era uno degli organizzatori del Pride di Taxco. Gli altri due si chiamavano Roberto Vega e Carlos Uriel López González.

La comunità LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali e asessuali) messicana piange i suoi morti e denuncia il clima di impunità che circonda i crimini d’odio. Mercoledì le associazioni scenderanno in piazza per chiedere giustizia, mentre già i social network si sono riempiti di un ritratto dei tre attivisti e dell’hashtag #NoSonTresGaysSomosTodos (Non sono tre gay, siamo tutti).

Pier Cesare Notaro
©2018 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì

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