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Mercoledì 3 gennaio è stato diffuso in Arabia Saudita il video di un presunto matrimonio gay tra due ragazzi (di cui uno definito da alcune fonti come “travestito”): subito molti utenti dei social network hanno espresso indignazione e scontento non soltanto perché i due sposi hanno manifestato la propria omosessualità, ma anche e soprattutto per il luogo in cui queste presunte nozze sarebbero state celebrate: la regione sacra della Mecca.

Fatti incerti, omofobia certa

Dopo una settimana, i fatti continuano a essere avvolti nell’incertezza, tanto che il primo sito che ha pubblicato la notizia, Al-Marsd, l’ha poi cancellata. Tuttavia la polizia saudita ha annunciato su Twitter: “Il travestito e gli altri individui implicati nel fatto sono stati tutti arrestati dopo essere stati identificati e ora il loro caso sarà portato davanti ai giudici”. L’eco virtuale prodotto dalla notizia, comunque, è diventato sempre più grande.

Se non sappiamo ancora esattamente quanto ci sia di vero nelle informazioni riportate dalla stampa, ciò che desideriamo e vogliamo è la sicurezza di tutte le persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersessuali e asessuali), che purtroppo continuano a vivere nel terrore e nell’emarginazione: nel caso dell’Arabia Saudita si può arrivare anche alla pena di morte per il semplice motivo di essere non eterosessuali.

Il ruolo della polizia religiosa

Ricordiamo che l’Arabia Saudita è il paese più conservatore del mondo arabo-musulmano. Per mantenere il controllo sui cittadini, il regno ha attivato nel 1940 il Comitato per l’imposizione della virtù e l’interdizione del vizio, un ente di polizia religiosa che sorveglia il rispetto della sharia pattugliando le strade e controllando il rispetto delle norme religiose.

Il Comitato ha il compito di combattere la prostituzione, mantenere la separazione tra maschi e femmine nei luoghi pubblici, arrestare le donne che non portano il velo, arrestare chi vende o consuma alcolici, chiudere le attività commerciali durante gli orari di preghiera e invitare i cittadini a recarsi nelle moschee ogni venerdì. Inoltre questi agenti hanno addirittura l’autorità di chiudere temporaneamente le attività dei fiorai nella giornata di San Valentino (cosa che hanno fatto anche l’anno scorso) perché non si festeggi questa ricorrenza ritenuta “pagana” o troppo occidentale.

Le riforme Saudi Vision 2030

Tutto questo avveniva prima della riforma Saudi Vision 2030, elaborata dal principe Mohammad bin Salman Al-Sa’ud e approvata dal consiglio dei ministri, che ha limitato le mansioni della polizia religiosa. Tra gli altri cambiamenti che ha portato la riforma, le donne potranno ottenere la patente di guida grazie a un decreto storico dell’ottobre dell’anno scorso e, a partire da questo mese, potranno tifare per le proprie squadre di calcio in tre stadi del regno. Inoltre Vision 2030 ha creato per la prima volta un comitato specializzato nelle questioni sociali e un’Autorità generale dell’intrattenimento con il compito di espandere l’industria del divertimento, per esempio rilanciando il festival di Gedda, creando nuovi parco-giochi e investendo sul turismo interno.

Alcuni giornalisti locali hanno approfittato dello scandalo sulle presunte nozze gay per criticare la riforma dell’erede al trono, dichiarandola una “apertura al marciume sociale” che porterà la società saudita alla vergogna.

Lyas
©2018 Il Grande Colibrì

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