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La nuova costituzione della Tunisia post-rivoluzionaria non definirà la famiglia come fondata sul matrimonio eterosessuale: l’assemblea costituente ha bocciato l’emendamento presentato da Habib Herguem, deputato del partito laico di centro-sinistra Ettakatol (Forum democratico per il lavoro e le libertà) che, spaventato dalla “teoria del gender” diffusa dai social network (“un vero pericolo per la società“), in questo modo avrebbe voluto escludere per sempre la possibilità di celebrare nozze tra persone dello stesso sesso nel paese nordafricano (huffingtonpost.fr). La notizia è buona, ma non va sopravvalutata: la costituzione tunisina, che dovrebbe essere approvata entro il 14 gennaio (terzo anniversario della cacciata del dittatore Ben Ali), non conterrà esplicite dichiarazioni gay-friendly, anche se non mancano motivi di speranza anche per i cittadini LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender).

La novità più importante, come sottolineato dai più importanti giornali del mondo intero, è costituita dal nuovo articolo 20, che reciterà: “Tutti i cittadini e le cittadine hanno pari diritti e pari doveri. Essi sono uguali davanti alla legge senza nessuna discriminazione“. Per la prima volta uno stato arabo riconoscere la piena uguaglianza formale tra uomini e donne: “Era la nostra rivendicazione ed è una vittoria” commenta Ahlem Belhaj, ex presidentessa dell’Associazione tunisina delle donne democratiche (liberation.fr). Una vittoria netta, se si considera che la formulazione è stata approvata con 159 voti su 169 (94%). Una vittoria che fa esultare anche gli attivisti LGBT, ben consci che i diritti delle minoranze sessuali sono sempre arrivati attraverso le conquiste delle femministe.

Il processo costituzionale sta riservando in questi giorni anche altre sorprese positive, grazie all’atteggiamento pragmatico e dialogante tanto della minoranza laica quanto del partito islamista di maggioranza relativa Ennahda (Rinascita), il quale sembra convinto (anche per non fare la fine dei Fratelli musulmani in Egitto, come sottolineano alcuni osservatori come la storica Leyla Dakhli; lemonde.fr) a condurre una politica di ispirazione religiosa generale e moderata che non metta in discussione la laicità delle istituzioni e della società. Così anche gli islamisti hanno accettato che la Tunisia sia una repubblica laica, dove la religione non sia fonte del diritto civile e dove sia garantita la libertà di coscienza, di opinione e di espressione, compresa la libertà di convertirsi o di essere atei.

Non mancano le imperfezioni, più o meno gravi, ma gli stessi attivisti per i diritti umani riconoscono che gli aspetti positivi superano quelli negativi. Un editoriale del giornale locale lapresse.tn riassume molto bene le loro posizioni: “Gli accordi raggiunti permetteranno senza dubbio di dare vita a un testo di compromesso accettabile, ma non fonderanno mai la ‘Costituzione del domani’ che i giovani rivoluzionari hanno così generosamente sognato. I diritti delle donne, dei giovani, dei disabili, dei bambini, degli orfani, degli anziani, delle minoranze specifiche sono effettivamente riconosciuti, ma mancano di vigore, di inventiva e di fede creatrice“.

L’obiettivo principale degli attivisti LGBT, che certo non puntavano ad un riconoscimento costituzionale, rimane la soppressione dell’articolo 230 del codice penale, che prevede fino a tre anni di carcere per il reato di sodomia. Processi e condanne sono piuttosto rari, ma possono trasformarsi in esperienze terribili, come ha scoperto il belga Ronny De Smet: sorpreso dalla polizia nel giardino di un albergo abbandonato mentre faceva sesso con un altro uomo, è stato tenuto in custodia nel commissariato per sei giorni, durante i quali è stato picchiato e ha pagato inutili tangenti agli agenti per essere liberato.

Al termine di un processo in cui non ha neppure ricevuto l’assistenza di un avvocato, è stato condannato al massimo della pena. Il giudice d’appello, con un processo regolare, ha ridotto il periodo di detenzione a sei mesi. E se è vero che, grazie alle pressioni della diplomazia di Bruxelles, ha scontato solamente metà della pena già ridotta, anche ora che è rientrato in Belgio i suoi incubi continuano ad essere ambientati nella cella tunisina, dove in 94 detenuti dormivano su 44 letti, tra sporcizia e scarafaggi (deredactie.be).

 

Pier
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