Il padre di Barack Obama è nato in Kenya ►, sulle rive del lago Vittoria, e per questo i kenioti considerano il presidente statunitense un po’ come il loro presidente: lo stimano, lo elogiano, lo considerano un esempio e una speranza. Per questo vedere che anche a Nairobi l’appello di Obama all’Africa per la depenalizzazione dell’omosessualità (Il grande colibrì) è rimasto inascoltato – e, peggio, è stato pesantemente rigettato – è un segnale pesante di fallimento. William Ruto, vice-presidente cattolico dello stato africano indagato per crimini contro l’umanità dalla Corte penale internazionale, ha liquidato la questione con poche e sbrigative parole: “Se altri credono in altre cose, sono affari loro. Noi crediamo in Dio” (World Magazine).
Più duri sono stati i rappresentanti religiosi, tanto cristiani quanto musulmani. Ad esempio, Juma Ngao, direttore del Consiglio consultivo nazionale musulmano del Kenya, ha detto: “Gli atti incoraggiati da Obama e dalla Corte americana non sono appoggiati da nessun libro di Dio. Queste cose non le fanno neppure gli animali o gli insetti“. Ngao ha invitato Obama a chiedere per i gay e le lesbiche non diritti, ma centri di riabilitazione: “Queste persone sono malate e hanno bisogno di aiuto psicologico prima che la situazione sfugga di mano” (The Star). Intanto la stampa keniota si scatena contro presunti tentativi della comunità LGBT di prendere il controllo del paese. Il complottismo paranoico dei giornali è talmente esasperato che potrebbe far sorridere, se non fosse che mette a rischio la vita di numerose persone.
Per Standard, ad esempio, le iniziative per il sesso sicuro sarebbero “uno dei modi con cui la comunità gay sta facendo pressioni per aumentare la propria influenza a livello locale“. In un articolo di The Nairobian, ripreso sempre da Standard, si racconta come gli omosessuali, dopo aver preso il controllo dell’arte, dello spettacolo e dello sport, starebbero infiltrandosi sempre di più nel governo, nelle chiese e nell’esercito, con un obiettivo ben preciso: stanchi di essere discriminati, vorrebbero imporre la “eterofobia” e iniziare a discriminare gli eterosessuali. Il gigantesco ed improbabile complotto viene definito come una “aggressione” alla società. Paradossalmente, però, lo stesso articolo cita come unico esempio di violenza le bastonate ricevute a Kiambu da una coppia gay sorpresa a fare sesso in un’automobile…
Se politici e giornalisti kenioti frenano comunque un po’ la propria indignazione nei confronti dell’amato Obama, il presidente USA è ancora più duramente contestato in altre parti del continente. Ad esempio, uno dei più famosi musicisti ugandesi ►, Robert Ssentamu Kyagulanyi, in arte Bobi Wine, ha ricevuto moltissimi plausi per la nota pubblicata (e ora rimossa) sul suo profilo Facebook: “E così Obama viene in Africa con sua moglie e le sue figlie per promuovere l’omosessualità? Con tutti i problemi di malaria, AIDS, povertà, regimi dittatoriali, traffico di esseri umani e schiavitù moderna, sceglie di venire a combattere contro l’unità fondamentale della società, la famiglia. Che vergogna! Obama, puoi essere un frocio e un ipocrita, ma per favore stai lontano dai nostri bambini, dalla nostra morale e dalla nostra cultura…“.
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RASSEGNA STAMPA
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Leggere l'articolo è stato una lenta e dolorosa tortura. Poveri loro, poveri noi.
Finchè in Africa non ci sarà cultura e sviluppo non si cambia, la povertà e l'ignoranza porta alla superstizione e alla paura
Comunque il ministro degli esteri nigeriano ha ragione: con che faccia andiamo a chiedere la liberalizzazione dell'omosessualità in Africa, se non liberalizziamo la poligamia in Occidente?
Illuminante.