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In Africa, senza mai essere mai cessata, prende sempre più vigore una nuova caccia alle streghe in cui – ancora una volta – ad essere perseguitate sono le persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender). Ed è impressionante come in pochi giorni, in paesi molto diversi per tradizioni e religione, si siano succeduti episodi che la rendono evidente. Cominciamo con una notizia che purtroppo ricalca vecchi modelli: l’outing di una donna lesbica che denuncia l’omosessualità di animatrici, danzatrici e altre celebrità in Senegal. La notizia, raccolta da Ndiaga Fall di Walftv (video qui sotto), sta naturalmente scatenando nel paese grandi timori da parte delle persone “accusate” e grandi senso di rivincita nei media che denunciano come non si faccia abbastanza contro “la minaccia del lesbismo, che estende sempre più i suoi tentacoli” (senepeople.com).

Questa storia dimostra come sia pericoloso riporre la propria fiducia in qualcuno in paesi dove l’omosessualità è considerata un crimine: ora la donna dichiara di essere diventata lesbica dopo che il suo ragazzo l’ha lasciata dieci anni fa e di non riuscire a liberarsi da questo vizio, e per “farsi aiutare” (o forse cedendo al ricatto di qualcuno che l’ha scoperta) ha deciso di denunciare altre persone come lei.

E in effetti in questi contesti il primo pericolo viene da conoscenti e familiari, come dimostra la storia di Moussa Diawara: prima picchiato dai genitori e poi arrestato dalla polizia in Guinea nel 2010, riuscì a fuggire dal carcere, ma fu imprigionato di nuovo dai suoi stessi genitori fino al 2013, quando è riuscito a rifugiarsi in Francia. La vicenda è tornata di attualità perché, secondo alcuni media, Moussa sarebbe tornato nel suo paese natale dopo aver preso contatto con un fratello che voleva incontrare e che ora si trova in carcere a pagare la colpa del consanguineo, dopo essere stato legato e picchiato per aver tradito la famiglia e la comunità (radio-kankan.com).

Ma ovviamente anche le autorità, con quelle religione spesso in prima linea, contano molto nelle persecuzioni delle persone che “praticano l’omosessualità o altre deviazioni contro natura“, come – con queste precise parole – si è espresso sabato scorso il Coordinamento delle associazioni islamiche dell’ovest del Burkina Faso, chiedendo al governo, tra le altre cose, di vietare e sanzionare tutte le anomalie che sono viste come una minaccia all’ordine naturale delle cose (lefaso.net).

Del resto – passando da paesi con maggioranza musulmana a nazioni a prevalenza cristiana – nemmeno l’appartenenza ad una confessione religiosa è garanzia di astinenza da questo terribile peccato: e così cinque sacerdoti anglicani in Kenya sono stati sospesi dal vescovo Joseph Kagunda per il sospetto di aver avuto delle relazioni omosessuali. Il vescovo ha dichiarato che la chiesa “si vergogna di essere associata a loro” e ha ricordato che, “sebbene ci siano pressioni per introdurre il matrimonio tra persone dello stesso sesso nel paese, la chiesa anglicana non arretrerà di un passo su questo punto” (nation.co.ke).

E se in Ghana il candidato presidente del National Democratic Congress promette la fucilazione delle persone omosessuali (“Sarà un evento pubblico, così che tutti possano vederlo e che serva da deterrente“) se sarà eletto nelle elezioni del prossimo novembre (kasapafmonline.com), ha destato grande scalpore anche la condanna in Uganda dell’ex direttore sportivo calcistico Chris Mubiru, celebre per le foto di sesso finite sulla copertina di Red Pepper (ilgrandecolibri.com), per sodomia forzata con Emmanuel Nyanzi (monitor.co.ug). Mubiru, che è stato arrestato già nel 2009, nei prossimi giorni conoscerà la durezza della condanna, di cui è ancora da determinare la durata.

Lo stesso Mubiru, però, è stato assolto dall’accusa di aver avuto rapporti omosessuali con George Oundo, perché il partner era consenziente: questa sentenza è estremamente importante in un paese che continua a discutere di rinvigorire le pene per i rapporti tra persone dello stesso sesso, che il giudice ha invece ritenuto legittimi se entrambi i partner sono consenzienti (sebaspace.wordpress.com). Nonostante questo importante distinguo, la situazione nel paese, come in quasi tutto il continente, rimane molto complicata.

Una delle prime conseguenze nel mantenere vietati e clandestini i rapporti gay è che la comunità omosessuale finisce ad essere più colpita dalla diffusione dell’AIDS: lo rileva in Burundi l’Associazione nazionale assistenza malati di AIDS e sieropositivi (seronet.info); lo conferma il manager di Gay e lesbiche dello Zimbabwe (GALZ) Samuel Matsikure, che osserva come gli omosessuali siano “riluttanti ad avvicinarsi agli operatori sanitari per paura dello stigma e della discriminazione” (voazimbabwe.com); lo dimostrano i gay del Botswana, che chiedono di avere medici che non li discriminino per il loro orientamento sessuale, mettendo a rischio la loro salute e quella delle persone che hanno rapporti con loro (starafrica.com).

Ma forse, per governanti e autorità religiose di questi paesi, il fatto che la sieropositività e l’AIDS si diffondano non è un problema perché confidano che ad essere colpiti saranno solo i gay, quando, in realtà, in una società ipocrita, in cui i gay si nascondono in famiglie “normali”, ad essere a rischio sono tutti. E oltre all’emergenza culturale e civile, si rischia anche di acuire ancora di più un’emergenza sanitaria di proporzioni già tragiche.

 

Michele
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