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A metà marzo la Chiesa presbiteriana statunitense (PCUSA), con i suoi due milioni di fedeli, ha riscritto la propria costituzione per includere anche i matrimoni tra persone dello stesso sesso (washingtonpost.com). I correligionari della Chiesa presbiteriana del Ghana (quasi 800mila seguaci), a parte qualche eccezione (ilgrandecolibri.com), non l’hanno proprio presa bene. Il moderatore della chiesa africana, il reverendo Emmanuel Martey, ha affermato: “Quello che hanno fatto è una deviazione dagli insegnamenti e dai principi della Bibbia. Per questo lo condanno senza alcuna esitazione. E’ un atto anti-cristiano e, come ho già detto in passato, torno a ripetere che l’omosessualità fa parte dell’agenda di Satana, serve a screditare la testimonianza della chiesa e a rendere la chiesa impotente“. E ha assicurato che “noi non faremo mai nulla di simile” (ghanaweb.com).

Ma la chiesa ghanese non è stata l’unica a manifestare il proprio sdegno e a rompere ogni rapporto con la Chiesa presbiteriana statunitense: proprio negli USA la National Black Church Initiative (Iniziativa ecclesiastica nera nazionale; NBCI), coalizione che afferma – e secondo alcuni millanta – di rappresentare 34mila chiese di afro-americani e latinos con quasi 16 milioni di fedeli, ha preso la stessa decisione. Anthony Evans, presidente della coalizione, ha spiegato: “La manipolazione operata dalla PCUSA rappresenta un peccato universale contro l’intera chiesa e i suoi membri. Con questa azione, la PCUSA non può più basare i suoi insegnamenti su duemila anni di scritture e tradizioni cristiane e definirsi un’entità cristiana nel corpo di Cristo: è un diritto che ha abbandonato con questo singolo atto” (charismanews.com).

Chiesa, neri e omofobia: un destino ineluttabile? Se esistono problemi evidenti, non bisogna cadere in facili stereotipi. Innanzitutto, come ricorda un recente articolo di theguardian.com, sono le chiese evangeliche bianche dominioniste (che vogliono instaurare la teocrazia cristiana nel mondo) ad alimentare l’odio anti-omosessuale delle chiese africane: i loro missionari, mentre distribuiscono cibo e medicine, “ci dicono di essere inflessibili contro l’omosessualità“, come spiega candidamente Jackson George Gabriel, reverendo della Chiesa episcopale sudanese. Qualsiasi apertura alle persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) e qualsiasi contatto con organizzazioni che non le discriminino significa perdere ogni aiuto: un ricatto pesantissimo in paesi schiacciati dalla povertà e dalla fame.

Soprattutto, a smentire un legame indissolubile tra fede cristiana, colore della pelle e omofobia, sono quei religiosi neri che si battono da anni per i diritti delle minoranze sessuali, come il sudafricano Desmond Tutu, arcivescovo anglicano, Christopher Senyonjo, ex vescovo della Chiesa d’Uganda, o il reverendo anglicano Kapya Kaoma, nello Zambia. E a contrastare sul campo il lavoro delle chiese evangeliche fondamentaliste in Africa sono soprattutto sacerdoti neri, come i missionari “radicalmente inclusivi di The fellowship global (La compagnia globale; thefellowshipglobal.org), che stanno diffondendo il messaggio cristiano in Kenya, Uganda, Ruanda, Zimbabwe e Costa d’Avorio rispettando le tradizioni spirituali africane e difendendo i diritti civili delle persone LGBT.

E cosa dire della chiesa nera Rivers of living water (Fiumi di acqua viva), la prima congregazione di Harlem, a New York, ad accogliere omosessuali e transgender e a celebrare matrimoni religiosi tra persone dello stesso sesso? Oggi la pastora Vanessa Brown lancia un appello (nel video qui sotto): i fedeli si riuniscono in una cantina messa a disposizione dalla Chiesa metodista unita lontano dal loro quartiere, dove tornerebbero volentieri se trovassero uno spazio. Insomma, Rivers of living water cerca casa, perché è un importante rifugio per i cristiani neri, ma è un rifugio privo di mura.

 

Pier
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