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Le persone dovrebbero aprire gli occhi sull’imperialismo culturale promosso dall’America in modo così plateale“: il vescovo cattolico nigeriano Emmanuel Badejo (nella foto) torna a prendersela con il governo di Barack Obama. Se gli aveva già attribuito la colpa dell’avanzata di Boko Haram (che non sarebbe stato sconfitto perché, secondo il religioso, gli USA si rifiuterebbero di aiutare chi non approva omosessualità e aborto; ilgrandecolibri.com), ora lo accusa di voler imporre in Africa la “dittatura della minoranza” difendendo i gay (che, secondo Badejo, non hanno diritti: “Fare cose che sono considerate anormali non è un diritto“). Con grande carità cristiana, il vescovo riconosce che “gli omosessuali non dovrebbero essere uccisi” e che “non sono persone cattive“, tuttavia hanno “comportamenti peccaminosi e disordinati” e quindi meritano di essere perseguitati (aleteia.org).

Se i leader religiosi nigeriani spargono odio e ignoranza, non stupisce che la stampa cerchi di lucrare sull’omofobia diffondendo scandalo e panico. La notizia di un presunto pedofilo che avrebbe avuto rapporti sessuali con un ragazzino minacciandolo di morte e pagandolo cento naira (poco più di 40 centesimi di euro) per ogni incontro, su pulse.ng diventa un articolo morboso che incita alla paura nei confronti degli omosessuali (più che dei pedofili) in ogni dettaglio: dal titolo (“Allerta stupratore gay!“) al linguaggio maniacale (“con la forza lo ha conosciuto carnalmente attraverso l’ano“), fino al disegno traumatizzante di un uomo con pantaloni e mutande calate che si avvicina al corpo inerte di un bambino in intimo.

Ma purtroppo, come noto, il problema dell’omofobia in Africa non affligge solo la Nigeria: “E’ un’importante tradizione che gli africani al potere diffondano odio in chiesa la domenica“, si lamenta lo scrittore gay keniano Binyavanga Wainaina (twitter.com). E così il vice-presidente del Kenya, William Ruto, durante una messa ha detto: “La Repubblica del Kenya è una repubblica che venera Dio: da noi non c’è spazio per i gay e per quegli altri“. Le dichiarazioni omofobiche sono state fatte in aperta polemica tanto con gli Stati Uniti, il cui segretario di stato John Kerry era appena arrivato in Kenya, quanto con l’Alta corte di Nairobi, che pochi giorni fa ha stabilito la legittimità di costituire organizzazioni non governative per promuovere i diritti delle persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender).

La sentenza keniana, biasimata da politici e religiosi, usa parole importantissime e di estrema chiarezza: “Un’interpretazione delle norme anti-discriminatorie che escluda le persone a causa del loro orientamento sessuale sarebbe in conflitto con i principi della dignità umana, dell’inclusione, dell’uguaglianza, dei diritti umani e della non-discriminazione stessa” (ilgrandecolibri.com).

Di uguale chiarezza è stata anche la sentenza del Tribunale per l’uguaglianza di Cape Town, in Sudafrica, sul caso di un albergo gestito da cristiani che aveva rifiutato la prenotazione di una coppia gay, perché “se mettessimo di buon grado e consapevolmente a disposizione una camera dove verrà consumato del sesso omosessuale, diventeremmo responsabili di un peccato“. I giudici hanno dato torto agli omofobi: se vogliono gestire un esercizio pubblico devono rispettare la legge e in Sudafrica la legge, a partire dalla costituzione, proibisce le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale. Insomma, la corte ha ricordato che siamo in Sudafrica, non in Indiana (USA): qui le discriminazioni sono illegali anche se hanno motivazioni religiose (dailymaverick.co.za).

E, per concludere con un’altra buona notizia, Kabelo Poloko, dirigente dell’Associazione per il benessere familiare in Botswana, ha lanciato un appello ai gay del paese affinché “non abbiano paura a richiedere servizi sanitari alla nostra organizzazione o consigli su come rivolgersi alle strutture sanitarie pubbliche” (starafrica.com). Assicurare di operare senza discriminazioni è un gesto molto importante in un paese dove gli omosessuali, oltre a rischiare il carcere, si rivolgono raramente alle strutture sanitarie per paura dei pregiudizi e dello stigma. Ma riconoscere il diritto universale alla salute è anche un passo fondamentale per iniziare a includere e riconoscere le persone LGBT nell’Africa subsahariana, proprio come in quella settentrionale (ilgrandecolibri.com).

 

Pier
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