Skip to main content

Mister Gay Namibia picchiato: l’omofobia striscia ancora
Scilipoti insulta, Concia contrattacca. E Feltri deve pagare
Pride a Bologna il 28 giugno, un test per la giunta
Sorpresa: il 90% dei tifosi non ha pregiudizi per i gay

MOI Un interessante intervento di Abdul Rohman sull’interrogativo se sia possibile essere gay e musulmano ad un tempo ha trovato spazio ieri sul Jakarta Post, in Indonesia (per approfondire: Il Grande Colibrì). L’autore, membro dell’Università islamica del paese che vanta la più grande popolazione musulmana al mondo, seppure non faccia aperture troppo marcate, riconosce che “in molti versi del Corano non c’è alcuna esplicita negazione della possibilità di servire Dio avendo una relazione con persone dello stesso sesso” ed afferma che gli omosessuali “possono continuare a seguire le loro pratiche religiose perchè la religione è un rapporto personale con Dio e non ha nulla a che fare con le preferenze sessuali“. Le sue conclusioni sconfessano le violenze applicate in molti stati islamici e sembrano essere un buon punto di partenza: “E’ responsabilità della religione di avvicinare gli omosessuali a Dio senza preoccuparsi delle loro preferenze sessuali […] e ogni persona omosessuale deve condurre pubbliche relazioni nella sua comunità mostrando che c’è compatibilità tra Islam e omosessualità“. Una situazione quest’ultima che purtroppo non appare più praticabile, dopo le speranze di un anno fa, in Tunisia: il rischio di esporsi come omosessuali è troppo forte dopo la vittoria degli islamisti nelle elezioni del 23 ottobre e il motto dei vincitori “Qui non esistono gay” e si sono diffuse voci di arresti di omosessuali (Têtu). In questa situazione anche chi aveva cominciato a dichiararsi difficilmente porterà avanti la battaglia: perché la teoria di Rohman possa funzionare, infatti, è necessario avere minime garanzie di vita e libertà che, benché auspicate con la rivolta contro Ben Ali, la Tunisia non ha ancora raggiunto.

MONDO Intanto in Namibia, dove la Costituzione vieta discriminazioni anche per orientamento sessuale, il vincitore del primo concorso “Mister Gay Namibia” (tenuto circa un mese fa) è stato picchiato e rapinato e, anche se la pista omofobica non appare certa, alcune frasi degli aggressori (che hanno citato “i soldi che hai vinto al concorso gay“) fanno pensare a questa possibilità (Iafrica), tanto più che l’omofobia è comunque diffusa anche tra i politici e la stessa Costituzione proibisce la sodomia. Ben diverse sono i problemi che devono affrontare le popolazioni dell’Europa del nord, dove il problema all’ordine del giorno è – dove non è già ammesso – l’istituzione del matrimonio omosessuale. Questione riaperta dalla vittoria progressista in Danimarca, dove dal 2012 il primo paese al mondo ad ammettere le unioni civili tra persone dello stesso sesso avrà finalmente anche le nozze per omosessuali, questione apertissima in Scozia, dove ben 50mila persone hanno partecipato ad una consultazione promossa dal governo locale. In entrambi i casi un ruolo lo gioca la chiesa, che è legata allo stato sia nelle nazioni scandinave che in Gran Bretagna. Mentre in Danimarca la chiesa si spacca, con due vescovi che non vogliono prevedere nuovi rituali per il matrimonio gay (Politiken), in Scozia tanto la chiesa scozzese che la forte rappresentanza cattolica si oppongono compattamente sostenendo l’impossibilità di promuovere una famiglia in cui manchino una presenza maschile ed una femminile, anche se la coalizione politica che appoggia la possibilità di promuovere l’attuale unione civile a matrimonio si sta ampliando e promette di essere sufficientemente forte per arrivare in fondo alla battaglia (Pink News).

POLITICA L’Italia, come sempre, è sempre anni luce indietro, invece. Leggendo le dichiarazioni fin troppo frequenti, viene più di un dubbio che l’onorevole Scilipoti usi il tema omosessualità solo per restare visibile sui media. Quindi può essere che in futuro taceremo le sue performances, ma per stavolta concediamo ancora spazio ai deliri di questo triste personaggio, simbolo della vergogna e del mercimonio della politica italiana: in un’intervista a Klaus Davi il “responsabile” paragona l’orgoglio d’esser lesbica di Paola Concia all’orgoglio dei ladri che vantano la propria diversità dal mondo degli onesti. Le argomentazioni sono di tipo religioso (per la Bibbia “la sodomia è contro natura e l’atto sessuale fra due uomini è qualcosa che non è né accettabile né pensabile“) e pseudo scientifico (la scienza vedrebbe l’omosessuale portatore “dal punto di vista del codice genetico, di qualcosa forse di diverso“) e sembrano anche un po’ fuori luogo (Il Giornale). Ma tant’è. A stretto giro di posta la replica della Concia: “Questi personaggi omofobi trovano troppe tribune, mentre la maggioranza degli italiani di certo non è d’accordo con questo signore” (la Repubblica). Ma è evidente che questo succeda, se gli stessi giornalisti sono spesso omofobi a loro volta: come Vittorio Feltri, condannato nei giorni scorsi a pagare 50mila euro all’ex senatore Silvestri per una frase di palese omofobia nei confronti del politico, gay dichiarato (L’Espresso).

MOVIMENTO E’ arrivata la conferma ufficiale che il Pride 2012 si svolgerà a Bologna, la città dello storico Arcigay Cassero, più recentemente agli onori (o disonori) della cronaca per un atteggiamento a dir poco prudente nei rapporti con la comunità LGBTQ* da parte dell’Amministrazione comunale. E’ quindi naturale che, dopo le vicende delle ultime settimane relative alla consulta familiare del Comune (Il Grande Colibrì), la designazione del capoluogo emiliano a sede della manifestazione nazionale di festa e rivendicazione dei diritti – che tornerà alla data simbolo del 28 giugno – sia vista come il banco di prova per la giunta Merola per vedere da che parte sta: se sceglierà cioè di proseguire il rapporto con le forze di centrosinistra che la compongono o se, emarginando quelle che appaiono più laiche, tenterà la strada di appoggio alle politiche clericali dell’UDC (Il fatto quotidiano). Nel frattempo Torino, altra città che ha storicamente dedicato grande attenzione alle tematiche LGBTQ*, ospiterà sabato un’interessante serata di filmati e interventi dedicati ai sex workers: a partire dalle 19.30 aperitivo, cortometraggi e testimonianze in un appuntamento promosso e ospitata nella sede di via Stampatori dall’associazione Maurice.

CULTURA L’omofobia del calcio non è invece un prodotto squisitamente italiano, benché anche qui possiamo vantare più di un primato, come ha dimostrato poche settimane fa l’intervento del segretario dell’Associazione calciatori Damiano Tommasi (Il Grande Colibrì). Ha perciò destato qualche sorpresa e nessuna citazione sulla stampa sportiva italiana la pubblicazione dei risultati di uno studio tra i tifosi condotto dall’Università di Staffordshire in Gran Bretagna: oltre il 90% dei fans non avrebbero alcun problemi a vedere calciatori che si dichiarano omosessuali. La stessa percentuale ritiene che non ci sia posto per l’omofobia nel mondo del pallone. Il sondaggio è stato condotto su un campione estremamente vasto (3.500 persone) ed il docente che lo ha curato, Ellis Cashmore, ha una sua spiegazione sul fatto che comunque il coming out nel football sia una rarità assoluta: “I calciatori sono riluttanti a venire allo scoperto, ma la ragione è interna all’industria dello sport più che legata all’atteggiamento dei tifosi, i quali pensano che questo silenzio sulle proprie preferenze sessuali sia dettato dai club e dai procuratori“. La dichiarazione ha suscitato l’ira del capo dell’Associazione inglese dei procuratori Mel Stein che ha osservato – non si sa su quali basi – che “sarebbe molto più vantaggioso dichiararsi gay per un calciatore“. Nei fatti, l’unico giocatore britannico che ebbe il coraggio o l’incoscienza di dichiararsi gay fu Justin Fashanu , una ventina di anni fa: ma il primo nero a ricevere un milione di sterline di stipendio ricevette tale accoglienza dal mercato e dal business del football che non riuscì a resistere alla pressione, togliendosi la vita nel 1998. Da allora il coming out nel Regno Unito si fa al massimo ai compagni di squadra più fidati, ma che qualcosa si stia muovendo lo dimostra la recente adesione del Liverpool (al momento unica squadra di Premier League, la serie A inglese) a sottoscrivere il protocollo governativo contro l’omofobia nello sport (The Indipendent).

Michele Benini
©2011 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì

Leave a Reply