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Un altro sacro tempio della moda apre le sue porte: l’edizione francese di Vogue dedica la copertina alla modella brasiliana trans Valentina Sampaio, con il titolo “Bellezza transgender: come sconvolgono il mondo”. L’editoriale d’apertura della caporedattrice Emmanuelle Alt, a dire il vero, è piuttosto infelice (il transgenderismo è ridotto a doloroso “incidente della vita” che sarebbe meglio tacere o dimenticare), ma almeno è sincero: Sampaio è stata scelta per gli “occhi azzurri a mandorla”, il seno prosperoso e le “curve perfette”. Insomma, il transgenderismo va bene se può essere ridotto a “dettaglio” e se, in fin dei conti, è utile a riaffermare i canoni della femminilità.

Una presa di posizione più positiva e meno ambigua arriva, per una volta, dalla politica, con una nuova risoluzione del Parlamento europeo sulla “promozione dell’uguaglianza di genere nella salute mentale e nella ricerca clinica” [Common Space] che chiede agli stati dell’Unione Europea (UE) di “prevenire, vietare e perseguire la sterilizzazione forzata delle donne, un fenomeno che colpisce in particolare le donne disabili, le persone transgender e intersessuali e le donne rom” [Il Grande Colibrì].

La risoluzione, inoltre, ricorda che “le identità transgender non sono patologiche, ma purtroppo sono ancora considerate come disordini mentali”, mentre i rischi per la salute mentale delle persone LGBTQI (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali) derivano invece dagli “alti livelli di ansia e stress causati dal pregiudizio, dalla stigmatizzazione e da esperienze di discriminazione, medicalizzazione e patologizzazione”. Per questo gli europarlamentari chiedono alla Commissione europea e ai governi nazionali e locali di sviluppare strategie sanitarie e di prevenzione del disagio che tengano conto degli specifici bisogni delle persone LGBTQI, come delle donne appartenenti a minoranze di vario tipo.

Quali siano le difficoltà che deve affrontare una persona trans purtroppo lo sa bene anche una bambina transgender di 11 anni di Manchester, in Inghilterra. Per cinque mesi ha subito il pesante bullismo dei suoi compagni in una scuola cattolica. Ogni giorno l’hanno riempita di insulti e minacce, sputi e calci. Finché una mattina un ragazzino ha tirato fuori una pistola a pallini e le ha sparato. Per fortuna l’ha colpita a una spalla, senza conseguenze drammatiche. Almeno dal punto di vista fisico [Manchester Evening News].

E sempre a Manchester si sta verificando un’altra vicenda sconvolgente. Un mese fa il tribunale ha deciso che una donna transgender avrebbe dovuto interrompere ogni tipo di comunicazione (a parte quattro lettere all’anno) con i suoi cinque bambini perché a rischio di discriminazione in quanto ebrei ultra-ortodossi [The Independent]. Ora si scopre che la scuola ebraica frequentata da una figlia ha proibito a tutti gli scolari di comunicare “in qualsiasi maniera” con la ragazzina perché figlia di una transgender. I compagni di classe hanno già disobbedito, scrivendole una lettera in cui le spiegano perché non le possono più rivolgere la parola, ma sottolineando di volerle ancora bene [LGBTQ Nation].

Sono episodi come questi che danno ragione al Parlamento europeo: il transgenderismo non è patologico, la transfobia sì. E deve essere affrontata sin dall’infanzia. Perché non è mai troppo presto per imparare ad amare e per guarire dall’odio.

 

Pier
©2017 Il Grande Colibrì

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