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La domanda che circola di più tra le persone LGBTQIA+, quasi esclusivamente straniere, di Doha è

“cosa succederà una volta finito il campionato mondiale di calcio?”

Una comunità gay locale riesce in qualche modo a sopravvivere. Le persone si incontrano in feste private, usano le app di dating, che sono vietate dal governo, tramite una VPN. Ovviamente sono fuori discussione le dimostrazioni di affetto in pubblico come il rivendicare la propria identità attraverso simboli come la bandiera arcobaleno.
Ma questo, per loro stessa ammissione, è un privilegio che viene concesso ai professionisti stranieri che lavorano in città, che possono pagarsi un appartamento dove vivere da soli e frequentare locali dove l’ortodossia richiesta dalle leggi locali è un po’ più rilassata.

Il presidente della FIFA Gianni Infantino e l’emiro del Qatar Sheikh Tamim bin Hamad al-Thani sul palco all’inizio del sorteggio per la Coppa del Mondo FIFA 2022 a Doha

Il presidente della FIFA Gianni Infantino e l’emiro del Qatar Sheikh Tamim bin Hamad al-Thani sul palco all’inizio del sorteggio per la Coppa del Mondo FIFA 2022 a Doha

Il 90% degli abitanti del Qatar è composta da stranieri che coprono una fascia molto ampia della popolazione: dal manager di un’azienda a Doha, alla manodopera a basso costo per le costruzioni. Naturalmente, per le persone LGBTQIA+ che non fanno parte di questa categoria, la situazione è meno rosea.
Human Rights Watch ha riportato casi di persone arrestate e picchiate dalle autorità, con casi di detenzione fino a due mesi in isolamento costrette poi a firmare un impegno a “non avere più comportamenti immorali”, mentre due donne transgender sarebbero state costrette a sottoporsi alle cosiddette “terapie riparative”.

In questi anni, con l’attenzione del mondo addosso, la situazione per le persone LGBTQIA+ in Qatar, pur lontana da uno standard occidentale, è comunque stata migliore di quella degli altri paesi del Golfo Persico. La pena prevista per le persone omosessuali è di tre anni di reclusione. In Arabia Saudita ed in Iran, per lo stesso reato c’è la pena di morte.

Le paure delle persone LGBTQIA+ che in Qatar dovranno continuare a vivere, sono rinviate al giorno successivo alla finale, quando le autorità locali non saranno più nella situazione di dover dimostrare al mondo che il loro paese non è così oppressivo.

 

Alessandro Garzi
©2022 Il Grande Colibrì
immagine: elaborazione da foto di Izuddin Helmi Adnan / Unsplash

 

Alessandro Garzi: “Ho sempre avuto un interesse per i diritti civili. Al momento, cerco di capire qualcosa sulle politiche verso le persone LGBTQIA+ nei paesi dell’Europa centrale ed orientale, e di far conoscere cosa sia l’orientamento asessuale e il mondo che lo circonda” > leggi tutti i suoi articoli

 

© Foto di Izuddin Helmi Adnan / Unsplash

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