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La donna, nel mondo arabo attuale, combatte costantemente per l’eguaglianza nella società maschilista in cui vive. Negli ultimi sessant’anni sono state sollevate molte polemiche sulla quasi totale assenza di figure femminili nelle classi dirigenti di alcuni governi arabi. In effetti, in molti paesi del Golfo il diritto al voto amministrativo e a quello politico erano garantiti esclusivamente ai maschi fino agli inizi degli anni 2000.

La miscela tossica di cultura tradizionalista e religione (non solo quella islamica), anche dopo le primavere arabe, non ha contribuito alla liberazione delle donne dalle catene della sottomissione maschilista, perché sia il radicalismo religioso che l’instabilità economica e politica nella zona araba continuano ad influenzare negativamente le condizioni post-rivolte in generale. Basti pensare al divieto di guida delle automobili per le donne saudite, o all’articolo 496 del codice penale marocchino che sancisce il reato d’accoglienza di donne che abbandonano il tetto coniugale, anche in seguito ad una violenza domestica, considerando che la responsabilità dell’80% dei casi dichiarati di “incidenti domestici” è da ricondurre al partner.

Dalle indagini seguite dalla Thomson Reuters Foundation, nel 2013 risulta che tra i 22 paesi arabi troviamo le condizioni peggiori per le donne in Egitto, dove il numero di donne molestate sessualmente sale fino al 99%!

Per quanto riguarda il diritto al voto e le norme relative alle elezioni delle donne, l’ultimo paese arabo ad aver compiuto questi passi è stato, nel 2011, l’Arabia Saudita, grazie a re Abd Allah. Successivamente, nel 2014, la donna saudita ha ottenuto anche il diritto alla partecipazione alla vita politica del paese.

Leggendo la storia dei nostri paesi arabi, troviamo pochi riferimenti a ruoli importanti gestiti da donne, ma se approfondissimo meglio l’aspetto storico-sociale preislamico della penisola araba, ad esempio, scopriremmo che la donna araba prima dell’avvento dell’Islam era solita governare le tribù: era una regina che controllava regni molto estesi, guidava eserciti combattendo contro i nemici. Mi chiedo, in quanto maschio arabo musulmano, come e quando abbiamo ridotto le donne a sforna-bambini, a domestiche al servizio del marito e a schiave senza prospettive all’interno delle nostre società?

La prima regina araba della storia documentata fu Zabiba, vassalla del regno assiro guidato da re Tiglatpileser III. Zabiba (o Zabibah) ha regnato per cinque anni, tra il 738 e il 733 a.C, controllando le vie del commercio che coinvolgevano categorie merceologiche locali d’interesse alimentare, cosmetico, farmacologico e soprattutto liturgico-devozionale (era molto richiesto l’incenso necessario per la celebrazione di riti religiosi in area mediterranea). Ella fu incoronata con il nome di “Regina degli Arabi”.

Una seconda regina guerriera ha succeduto Zabiba: il suo nome era Samsi, oppure Shams in lingua araba. Quest’ultima ha governato per circa vent’anni. Inizialmente creò alleanze, dichiarando guerra di ribellione a Tiglatpileser che, dopo parecchie battaglie, la sconfisse, anche se lei rimase a capo del suo regno nella capitale Dumat al Jandal a nord dell’attuale Arabia Saudita. Samsi, durante i suoi 20 anni di regno, ha protetto le vie commerciali della zona insieme al suo esercito e ha condotto personalmente spedizioni in altri regni vicini.

Dopo la morte di Samsi salì al trono una terza regina di nome Yatie, anche lei comandante di guerra e protettrice del regno per qualche anno. Dopo di lei arrivò la quarta regina, il cui nome fu Tlahuna.

All’inizio del XX secolo, grazie alle scoperte di Kurt Lange e Max Hirmer sull’antico Egitto, abbiamo saputo dell’esistenza di regine che governarono la città delle piramidi, come la regina egizia Hatsepsowe (1508-1485 a.C) e Nefertiti (1352-1338 a.C). Senza dimenticarci, ovviamente, della Regina di Saba, chiamata Belqis in lingua araba, figura riportata nei libri sacri (Bibbia e Corano).

Esempi come questi dimostrano come la donna, chiaramente appartenente a nobili ceti sociali, abbia potuto aspirare al potere e usufruirne in epoca antica, mentre nell’attuale mondo arabo ben poche donne, seppur ricche, possono vantare ruoli pari a quelli degli uomini.

Dalla penisola del Golfo al Maghreb, nel Sahara africano, il nome Tin-Hinan è molto diffuso poiché legato alla maestosità della regina dei Tuareg, la regina dei turbanti blu tipici delle tribù berbere tradizionalmente nomadi del deserto sahariano esteso tra Algeria, Niger, Ciad e Libia. Tin-Hinan ha vissuto nel quinto secolo, ancor prima che arrivassero le crociate dei musulmani nel Maghreb.

Più a nord del Sahara, nella città di Khenchela, a circa 400 chilometri dalle coste orientali algerine, troviamo le rovine delle civiltà costruite dalla condottiera berbera per eccellenza, la regina dei nomadi del Nordafrica di nome Kahina (conosciuta anche con il nome Dihya) tra il 680 e il 712 d.C. Ha governato i berberi (conosciuti anche come amazigh) per 35 anni, durante i quali affrontò romani, bizantini e musulmani, assicurandosi tutte le volte vittorie eccezionali, fino a quando non venne tradita dal proprio popolo che lei stessa proteggeva.

Tornando ai nostri giorni, questo è un semplice quadro sinottico di quando alcuni governi dei paesi arabi hanno concesso il suffragio femminile:

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Mi chiedo sinceramente, allora, senza conoscere le risposte: quando le comunità arabe hanno limitato la donna alle funzioni domestiche, alla procreazione e ad un’esistenza in funzione dell’uomo? La donna araba riotterrà mai quello che realmente le spetta nei governi arabi e nella vita politica dei nostri paesi?

 

Lyas
in collaborazione con Shamsa e Sveva Basirah
©2016 Il Grande Colibrì

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