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MONDO La storia raccontata dal giornale LGBTQ* keniota Identity Magazine è davvero impressionante: alcuni ragazzi gay verrebbero reclutati nelle università del Kenya con la prospettiva di essere assunti come steward, impiegati o, più raramente, prostituti di altissimo bordo negli Emirati Arabi Uniti, in Arabia Saudita o in Qatar, dove, invece, verrebbero sfruttati come schiavi sessuali. Le parole di Paul, uno di questi ragazzi abusati, sono molto dure: “Molti sono sadici. Mi hanno picchiato, urinato addosso e una volta qualcuno mi ha anche defecato sopra. Per tutto questo tempo hanno abusato sessualmente di me e a volte mi hanno anche inserito le mani e degli oggetti nell’ano“. L’associazione gay universitaria Q-initiative afferma di non sapere nulla di vicende del genere, ma Identity Magazine afferma di aver raccolto la testimonianza di altri ragazzi e comunque a rendere gli episodi narrati credibili è il contesto di traffico di esseri umani che attraversa l’Africa. Un’Africa, tra l’altro, dove l’omofobia continua a dilagare (per approfondire: Il grande colibrì). In Zimbabwe, ad esempio, la parlamentare Lynette Karenyi è finita in galera per aver affermato che il tanto omofobo presidente Robert Mugabe in realtà avrebbe avuto relazioni sessuali con un ex presidente e con un ministro (Nehanda Radio). Karenyi appoggia il premier Morgan Tsvangirai, nemico giurato di Mugabe, che recentemente aveva prospettato una poco convincente apertura ai diritti LGBTQ* (Il grande colibrì).

MOVIMENTO Tsvangirai non è il solo candidato alla presidenza di una nazione a prendere posizione a favore dei diritti di lesbiche, gay e transgender: anche in Giamaica, uno dei paesi più omofobici al mondo, con il codice penale che punisce “l’abominevole crimine della sodomia” con dieci anni di carcere e di lavori forzati, l’ex primo ministro Portia Simpson-Miller, che ora corre per la presidenza per il socialdemocratico Partito Nazionale del Popolo (PNP), si è detta contraria ad ogni forma di discriminazione e vorrebbe abrogare le leggi anti-omosessualità. Se le parole di Tsvangirai sono apparse poco credibili, la femminista Simpson-Miller è invece probabilmente sincera. Nel corso dello stesso dibattito che ha visto le aperture di Simpson-MiIler, l’attuale presidente, il conservatore Andrew Holness, è rimasto molto sul vago, evitando di prendere posizione per non scontentare né l’opinione pubblica internazionale né un elettorato che, in larga parte, non vede affatto di buon occhio gli omosessuali: “Siamo una società aperta e le questioni difficili e scomode da discutere, con il progredire della società, vengono messe in discussione. Le persone hanno diritto di avere la propria opinione, ma come leader del paese devo rispettare l’opinione di tutti e di assicurare che le istituzioni della libertà siano ben salde per fare in modo che il dibattito continui“. Abbandonando poi il politichese, ha aggiunto di non ritenere che i diritti LGBTQ* siano diritti umani (Go-Jamaica).

MOI In un altro paese estremamente omofobico, l’Arabia Saudita (per approfondire: Il Grande Colibrì), si apre il dibattito sulla transessualità, come racconta un articolo sul settimanale francese Courrier International (in edicola). Se la condizione delle persone intersessuali non è condannata da nessuno (sebbene continui ad essere fonte di vergogna per le famiglie), invece quello che è classificato dall’OMS come disturbo dell’identità di genere rimane un rompicapo. Ha un bel dire Abdallah Bin Bih, vicepresidente dell’Unione mondiale degli ‘ulama, sul fatto che gli studiosi islamici e la shari’ah sarebbero da tempo concordi nella condanna: a dargli torto non ci sono solo le antichissime tradizioni di accoglienza del “terzo sesso” in Pakistan (per approfondire: Il Grande Colibrì), in Indonesia (per approfondire: Il Grande Colibrì) e in molti altri paesi musulmani, ma ci si mettono anche studiosi sauditi, come la dottoressa Muna Al-Sawwaf, che condanna l’incomprensione che circonda le persone transgender in Arabia, con discriminazioni, violenze e pene carcerarie. Di parere opposto il dottor Yasser Jamal, il quale, temendo “l’anarchia giuridico-religiosa“, punta il dito contro la pratica diffusa di andare all’estero per sottoporsi ad un’illecita operazione di “cambiamento” del sesso per poi rientrare in Arabia Saudita con documenti che attestano una falsa, ma lecita, operazione di “rettificazione” del sesso dovuta a ermafroditismo.

CULTURA Certamente meno drammatico, ma comunque a rischio di diffusione di transfobia un caso molto più occidentale. Negli Usa il canale televisivo ABC si appresta a mandare in onda una situation comedy su due uomini che si vestono da donne per trovare lavoro: in epoca di reality che mettono in palio un’occupazione o un rene da trapiantare, potrebbe sembrare una cosa innocua – e nemmeno tanto originale, visto che Tootsie di Sidney Pollack, con uno strepitoso Dustin Hoffman, è del 1982. Tuttavia GLAAD e HRC, due organizzazioni in difesa dei diritti LGBTQ*, hanno fatto notare che il contesto di costruzione della sit-com, oltre ai dati allarmanti già calcolati sulla transfobia americana (il 97% dei trans ha subito un abuso sul posto di lavoro ed il 26% è stato licenziato semplicemente in quanto transessuale, anche perché ciò è possibile in ben 34 stati), potrebbe peggiorare la situazione per il popolo di transessuali degli USA. Numerose altre organizzazioni e gruppi si sono aggiunti o commentano positivamente l’iniziativa che chiede ad ABC di non iniziare a trasmettere la sit-com. Ben diverso il documentario di Emanuela Pirelli dedicato alle “Coccinelle”, i “femminelli” di Napoli, in cui sono presentate le difficoltà, la vita spesso di prostituzione e gli arbitrari arresti da parte della polizia di un gruppo di transessuali partenopei: con spessore e ironia i protagonisti raccontano direttamente alla telecamera la propria esperienza ed i propri sogni. Il documentario “Le Coccinelle. Sceneggiata Transessuale” è stato presentato mercoledì sera in anteprima a Roma (Corriere della Sera). Ed un’icona del movimento transgender italiano, Marcella Di Folco (per approfondire: Il Grande Colibrì), prima consigliera comunale trans al mondo (a Bologna), ha fatto litigare gli amministratori municipali felsinei: la proposta di Cathy La Torre (SEL) di dedicare una via alla sua memoria ha acceso gli animi dei consiglieri del PdL e contrariato qualche esponente del PD (la Repubblica), ma sarebbe davvero bello se il prossimo Pride nazionale, assegnato a Bologna proprio la scorsa settimana (Il Grande Colibrì), potesse passare da una via dedicata a Marcella.

SESSUALITA’ Come si può fare prevenzione rispetto alla diffusione del virus HIV in un Paese dove normalmente non si parla di sesso? Un paese a larghissima maggioranza musulmano, come il Marocco, presenta una curiosa contraddizione di termini: a fronte di un silenzio ufficiale sconcertante, a parlare di AIDS e HIV sono proprio gli imam, che attraverso un programma innovativo danno consigli su come evitare il contagio e predicano pietà per chi è già stato colpito, pari a circa lo 0,1% della popolazione (PBS). Tuttavia uno dei problemi principali non viene messo sul tappeto: nessuna pubblicità al preservativo, nessun cenno all’esistenza (tutt’altro che rara, sebbene diversamente codificata) dell’omosessualità. E, per quanto si predichi compassione per i contagiati dal virus HIV, nella società l’essere colpito dalla malattia continua ad essere causa di isolamento, vergogna e crudeltà. Tuttavia è certo che qualcosa si sta muovendo, come testimonia il dottor Ahmed Abbadi, presidente della Lega degli ‘ulama marocchini, che ha spiegato come la pietà per i malati sia centrale e come sia “patriottico” limitare i casi futuri di contagio, producendo un beneficio non solo ai singoli che non verranno contagiati ma anche a tutta la comunità nazionale (PBS).

Pier Cesare Notaro e Michele Benini
©2011 Il Grande Colibrì

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