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Qual è l’atteggiamento della società magrebina nei confronti delle persone transessuali e transgender? E’ questa la domanda che si è posto, nel suo numero d’esordio dedicato proprio al tema della transessualità, El Shad’ (madmagz.com), la prima rivista LGBT algerina, con cui ilgrandecolibri.com ha iniziato subito una collaborazione. La lotta contro la transfobia, scrive O. Harim nel suo editoriale, unisce le istanze LGBT alle richieste del movimento femminista e alla lotta di chi vuole realizzare una società meno intimorita dal cambiamento. El Shad’ non solo ha raccolto la bellissima testimonianza di Estelle, donna trans che ha raccontato la propria infanzia e giovinezza nel paese arabo (ilgrandecolibri.com), ma ha anche dato la parola a tre giovani: il loro punto di vista, che vi proponiamo qui sotto, ha tutto l’entusiasmo e tutta l’inesperienza di una speranza che nasce e muove i suoi primi passi…


Skina, 23 anni, studentessa di matematica, eterosessuale

Secondo me, cambiare sesso è anche un modo per conciliare quello che siamo e che sentiamo di essere, cioè la nostra personalità e il nostro io profondo, con il nostro aspetto fisico. Quale ruolo hanno le persone transessuali in questa nostra società profondamente reazionaria? Penso che, se una persona desidera cambiare sesso, dovrebbe poterlo fare e soprattutto dovrebbe essere accettata, che è senza dubbio la cosa più difficile per la gente. Io credo che, una volta che la persona ha cambiato sesso, non si noti una differenza fisica, però sorgono problemi di carattere burocratico.

E allora dobbiamo chiederci cosa si può fare affinché le persone transessuali non siano relegate in certi tipi di lavoro o in certi settori lavorativi considerati più “anticonformisti”. Dobbiamo lavorare sulla nostra società, dobbiamo migliorare l’integrazione, non nel senso di accettare la norma preesistente e integrarci al suo interno, ma nel senso che tutti quanti dobbiamo accettare l’idea della transessualità come di uno stato della personalità e della fisicità pari agli altri. Dobbiamo riconoscere quello che siamo e gli altri devono accettarlo.

Mehdi, 25 anni, studente di informatica, gay

Come vivono le persone transessuali in Marocco? Non è difficile immaginarlo se pensi allo scandalo scoppiato un anno fa quando due giovani liceali si baciarono in pubblico. La maggioranza della popolazione marocchina vive in una bolla governata da leggi severe e da una mentalità che trova le proprie radici nella cultura degli anni dei nostri bisnonni e nella religione che domina il paese, l’islam.

Come puoi sperare, allora, che siano accolte delle persone che vengono chiamate “facsimili” nella loro stessa società? Le chiamano “khunta” (ermafroditi) e con altri nomi. E anche se questi nomi vengono dati senza cattiveria, gli insulti e le prese in giro si susseguono, per non parlare delle aggressioni fisiche che le persone transessuali subiscono da chi le circonda e dei guai con la legge – anche se non so bene quali siano – che corrono se osano mostrarsi in pubblico. Né il Marocco né nessun altro paese musulmano è pronto ad accogliere le persone transessuali nella propria società.

E’ sufficiente considerare come vivono gli omosessuali in queste società: la loro vita si riassume nell’obbligo di vivere nascondendosi, di vivere in una menzogna eterna. Non c’è dubbio sul fatto che in questi paesi la libertà sessuale non può esprimersi, dal momento che parlare di sessualità è ancora un tabù e infrangere le norme della vita “normale” significare violare le leggi della religione e dello stato.

Ma, a dire il vero, tutto questo non mi sconvolge, perché anche nelle società occidentali – in particolare qui in Francia, dove studio – la situazione delle persone transessuali non è migliore. Vivono tra di noi? Ma quante ne incrociamo ogni giorno a Parigi? Personalmente, non ne vedo molte. Bisogna andare in alcuni luoghi precisi per incontrarle, perché sentono di non avere un proprio spazio in quella società in cui vivono e da cui si sentono rigettate. Il punto a cui voglio arrivare è che, se è così difficile migliorare la situazione delle persone transessuali nei paesi occidentali, la sfida è ancora più ardua nei paesi di cultura orientale da cui provengo.

Youcef, 24 anni, giornalista, eterosessuale

Transessualità, transidentità, transgenderismo…: fino a pochi anni fa per me erano dei concetti assolutamente misteriosi! Sono un ragazzo eterosessuale che ha scoperto il mondo “parallelo” LGBT più o meno cinque anni fa grazie all’incontro con un’amica lesbica: è lei che, di fronte alla mia “tolleranza”, mi ha permesso di scoprire più ampiamente questo universo presentandomi alcune persone gay e lesbiche ad Algeri. Erano persone in teoria completamente diverse da quelle che avevo potuto conoscere fino a quel momento, ma, se ci ripenso, erano così piene di umanità.

Parlando di transessualità – o meglio, per utilizzare le espressioni che ho appreso con il tempo, di transidentità e di persone transgender – mi viene subito in mente come una persona che sia arrivata fino in fondo, fino all’operazione di riappropriazione del suo sesso, era vista, all’interno di questa comunità per la maggior parte molto militante, in modo estremamente diverso da persona a persona. Se per me questa donna sembrava tanto “diversa” dalla norma quanto nessun’altra persona che avessi mai conosciuto prima, altri la giudicavano quasi come un abominio. Eppure non faceva parte di questa stessa comunità?

Nel corso delle mie “scoperte”, che sono avvenute grazie alle discussioni e ai libri e ai film che mi hanno consigliato di leggere e di vedere, una cosa risaltava: c’erano i gay, c’erano le lesbiche, e poi c’erano le persone trans, che erano un caso un po’ più complicato. Se una parte importante della comunità LGB crede in Dio, la totalità è convinta che si nasca gay o lesbica. Più che qualcosa di innato, è qualcosa che si manifesta ogni giorno un po’ di più, è una parte della propria identità sessuale e di genere che inizia a dire: “Sono una donna e amo una donna, sono un uomo e amo quest’uomo, sono una donna o un uomo e desidero questa donna o quest’uomo“.

Eppure sembra che a più d’uno sfugga la complessità di dire a sé stessi, ad esempio: “Sono femmina, ma sono uomo dentro di me, e anche se mi sono innamorata di alcune donne, questo non significa che sono omosessuale“. In quest’ultimo esempio, se la sovrabbondanza di etichette può portare molto velocemente alla confusione, nel mondo LGB si dice a volte che queste strane persone pretendono un po’ troppo. Eppure i miei incontri, anche se sono stati sempre uno più sorprendente dell’altro, provano solamente una cosa: che le persone transessuali sono persone più o meno come tutte le altre, cioè molto diverse le une dalle altre.

testimonianze tratte da El Shad’, n. 1
Traduzione di Pier
Copyright©2014elshad’-ilgrandecolibri.com
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