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Vi avevamo dato appuntamento al 12 aprile, aspettando la sentenza che avrebbe cambiato forse le sorti della comunità LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali) a Trinidad e Tobago, e forse in tutte le isole caraibiche. L’attivista per i diritti delle minoranze sessali Jason Jones, metà di Trinidad e metà inglese, aveva cominciato una battaglia per riconoscere l’incostituzionalità delle sezioni 13 e 16 del codice penale, che criminalizzano gli atti omosessuali, ed era arrivato dinanzi all’Alta corte.

Sentenza storica per i Caraibi

Il giorno atteso e temuto è arrivato e al tribunale di Port of Spain, anche se ufficialmente non è stato cancellato niente, il parere del giudice Devindra Rampersad è stato che le due sezioni vanno contro i diritti fondamentali di ogni cittadino di godere del diritto alla privacy e della libertà della vita familiare e per questo le ha dichiarate ufficiosamente incostituzionali e nulle.

Le parole del giudice sono risuonate chiare quando ha affermato che è spiacevole che la società, in qualsiasi modo, attribuisca un valore o un’identità a una persona in base alla propria razza, colore, sesso, età o orientamento sessuale. Ha detto inoltre che continuare a negare a quella che viene percepita come una minoranza il suo diritto all’umanità e alla dignità umana significherebbe portare avanti il tipo di pensiero sviluppato nell’apartheid in Sudafrica e nell’Olocausto in Germania.

L’importanza, la novità e la grandezza di quanto avvenuto sta nelle parole di quest’uomo intervistato da Newsday: “Ho 70 anni e ciò significa che ho visto accadere molti cambiamenti storici. Quello che sto vedendo qui è storico per Trinidad e Tobago e per i Caraibi di lingua inglese“.

Governo e cristiani sono contrari

La reazione del governo non ha tardato ad arrivare: il ministro degli affari legali Stuart Young ha annunciato il ricorso in appello. L’esecutivo non ci sta che tutti abbiano gli stessi diritti, proprio non vuole fare questo passo. E, come ci si poteva aspettare, fuori dall’aula di tribunale non sono mancate le contestazioni da parte di esponenti delle comunità cristiana e musulmana, sfociate anche in violenza contro attivisti della comunità LGBTQIA e nella cacciata di casa di alcuni di loro.

L’organizzazione non governativa cristiana T&T Cause, aveva espresso fermamente e chiaramente il suo punto di vista pochi giorni prima della sentenza. “Il matrimonio omosessuale è un cancro. Dobbiamo mantenere le leggi sulla sodomia, se verranno rimosse si aprirà una strada sicura verso il matrimonio omosessuale” ha detto il responsabile della comunicazione del gruppo, Aquila Holder.

I diritti degli eterosessuali, ha aggiunto Vernon De Leon, uno dei leader di T&T Cause, sono superiori a quelli delle minoranze sessuali e, con un pizzico di ironia che ridere non fa, il vescovo Victor Gill ha dichiarato che “LGBTQ, e qualunque altra lettera, non è un diritto umano, è un errore umano“.

“La disapprovazione di Dio”

Anche l’ormai conosciuto leader musulmano Yasid Abu Bakr ha dichiarato: “Indipendentemente dalla decisione, la nostra posizione rimane la stessa: nessuno può legiferare contro la legge di Dio. Il dispiacere di Dio per questo tipo di comportamento. Se non se ne parlasse nelle Scritture, sarebbe una questione di opinione, ma questa non è una questione di opinione: è una questione in cui le Scritture dicono che questo è un abominio. Stiamo chiamando sopra noi stessi la disapprovazione di Dio?“.

Ufficialmente se ne riparlerà a luglio in tribunale. La questione si prospetta molto delicata, pericolosa tanto è la sua portata storica di rottura con il conservatorismo del paese. E non solo del paese, perché, come avevamo spiegato, la decisione potrà cambiare le sorti di tutte le isole caraibiche.

Ginevra Campaini
©2018 Il Grande Colibrì

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