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Nell’arcipelago di Trinidad e Tobago, nel Mar dei Caraibi, si rischiano 25 anni di carcere per un rapporto omosessuale e 5 anni per qualsiasi altro comportamento giudicato un po’ troppo intimo tra persone dello stesso sesso. Ereditate ancora una volta dal dominio britannico, le Sezioni 13 e 16 della legge sui reati sessuali, che inizialmente criminalizzavano solo i rapporti tra uomini, sono state estese a quelli tra donne solamente dopo l’indipendenza.

“I Caraibi sono molto meno avanzati rispetto al resto del mondo e il mio coming out nei primi anni ’80 è stato duro. Ma i miei genitori sono stati favorevoli alla mia omosessualità” afferma Jason Jones, difensore dei diritti LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersessuali e asessuali) da 28 anni e fondatore di “I Am One TnT”. Le più discriminate a Trinidad sono soprattutto le persone di colore: i neri omosessuali vivono condizioni peggiori dei bianchi, per questo molte volte non si rivolgono alla polizia e, quando si prospetta la necessità di un processo, mancano avvocati a difenderli per paura di rimetterci il posto di lavoro. Le discriminazioni non hanno risparmiato neanche Jones, che è stato costretto a lasciare l’isola.

La battaglia legale

Tuttavia a Trinidad la situazione potrebbe cambiare tra non molto proprio grazie a questo attivista: Jones, metà di Trinidad e metà inglese, ha deciso di iniziare una sfida legale con la Corte Suprema per rendere incostituzionali le disposizioni omofobe e a questo scopo, nonostante stia ricevendo una valanga di minacce di morte, è riuscito a mettere insieme un team formidabile di avvocati di entrambi i paesi. Ha anche aperto un crowdfunding per finanziare le spese legali. E finalmente il 30 gennaio, dopo un anno di attesa, la Corte ha accolto la sua domanda e il giudizio finale è stato fissato per il 12 aprile prossimo.

“Avevo intenzione di suicidarmi. Pensavo che non avrei mai potuto vivere liberamente essendo gay a Trinidad, ma poi ho visto te, un omosessuale che sta bene, parla bene, ha una vita e sta cercando di cambiare le cose” recita uno dei tanti messaggi che Jones riceve continuamente dalla comunità LGBTQIA. La criminalizzazione della diversità sessuale pesa soprattutto sui giovani. A dicembre dello scorso anno, la ventesima vittima della violenza omotransfobica è stata una ragazza transessuale, piuttosto conosciuta per le lotte contro l’HIV. Sasha Fierce è stata uccisa a colpi di pallottole e poi brutalmente abbandonata tra l’immondizia.

Eredità britannica

Jones ha anche partecipato all’ultimo Commonwealth Heads of Government Meeting (Riunione dei capi di governo del Commonwealth; CHOGM) nel 2015 a Malta e ricorda che, esponendo per la prima volta la difficile situazione che vivono gli omosessuali, l’allora Segretario del Commonwealth, Kamalesh Sharma, mostrò una certa riluttanza ad impegnarsi su questo fronte, visto che essere omosessuale e vivere liberamente la propria sessualità è un crimine per quasi tutti i membri dell’organizzazione che riunisce gli stati appartenuti all’impero britannico. Oggi oltre l’80% dei cittadini del Commonwealth vive in paesi che criminalizzano l’omosessualità: tra i 74 stati nel mondo che ancora oggi hanno questo tipo di leggi, metà sono proprio ex colonie britanniche.

Se la battaglia di Jones terminerà come tutti noi vorremmo, potrà avere un effetto domino in altri stati caraibici come Grenada, Saint Kitts e Nevis, Barbados, Antigua e Barbuda, Saint Vincent e Grenadine, Santa Lucia, Giamaica: ad aprile questo coraggioso attivista ha la possibilità di vincere la sua battaglia davanti alla Corte di Port of Spain e spianare la strada per i diritti negli stati caraibici.

Ginevra
©2018 Il Grande Colibrì

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