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Il panorama dell’associazionismo LGBTQ* attento all’accoglienza di tutte e tutti, indipendentemente dalle proprie origini, si arricchisce di una nuova, straordinaria realtà. World Queens è la prima associazione a riunire le attiviste lesbiche, bisessuali e queer camerunensi che vivono nel paese africano e in Europa, cercando di coordinare iniziative politiche per migliorare la difficile situazione delle persone LGBTQ* in Camerun.

Il neonato gruppo si presenterà al pubblico per la prima volta oggi alle 19 a Bologna (Sala Silentium, vicolo Bolognetti 2), in un incontro preparato con il coordinamento MigraBO’ e con il Laboratorio Smaschieramenti. Nell’effervescente contesto bolognese, oltre all’attività del Laboratorio a favore dei diritti delle persone migranti, proprio MigraBO’ rappresenta un’altra interessantissima novità: grazie al lavoro di attivisti provenienti da tutto il mondo, il coordinamento sta sviluppando una rete di persone, associazioni ed enti impegnati a fornire gratuitamente accoglienza e supporto sociale, legale e informativo ai migranti e ai richiedenti asilo LGBTQ*. Di questa esperienza torneremo a occuparci più dettagliatamente in futuro.

Ora però torniamo a parlare di World Queens. Dany Carnassale, giovane antropologo che si occupa di omosessualità in Africa e che lavora sul tema dei migranti LGBTQ* in Italia, è il principale organizzatore dell’incontro di questa sera ed ha intervistato per Il grande colibrì Jasmine, la fondatrice del gruppo camerunense.

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Quando è nata World Queens, la vostra associazione?

Il gruppo è nato tre mesi fa da un’idea che mi è venuta frequentando alcuni gruppi di lesbiche: ho deciso di creare un’associazione che ha per scopo quello di darsi una mano a vicenda dal punto di vista morale – per quelle che hanno problemi – e dal punto di vista economico – per quelle che a volte possono avere una situazione grave. E’ così che sono nate le World Queens. L’associazione sta andando bene e speriamo che continui così.

Come hai fatto ad entrare in contatto con queste ragazze, le conoscevi già prima?

Alcune ragazze le ho conosciute nei gruppi dei quali faccio parte da un anno, mentre altre hanno conosciuto l’iniziativa tramite il passaparola.

L’idea dell’associazione è piaciuta subito a tutte?

E’ stato difficile all’inizio far accettare l’idea, perché un’associazione era per alcune un rischio per la possibilità di essere scoperte. Adesso siamo una quarantina, ma abbiamo stabilito un codice per valutare l’iscrizione al gruppo: chi vuole entrare nell’associazione ci deve dire attraverso chi ci ha conosciute e dimostrare di conoscere alcune parole-chiave che soltanto delle lesbiche possono conoscere.

In che modo siete in contatto con le ragazze che vivono in Camerun?

La situazione nel mio paese non è piacevole: perché il governo fa molti arresti, chi è lesbica o gay rischia di finire in carcere. L’iniziativa serve per dare la possibilità alle ragazze di sentirsi un po’ più libere, per questo abbiamo fatto una rete su Skype, stando attente ad evitare intrusioni, che è quello che ci fa più paura. Due volte al mese facciamo una riunione su Skype, durante la quale le ragazze che vivono in Camerun ci informano dei fatti principali che riguardano le persone LGBTQ* in rapporto a quello che fa il governo, dicendoci ad esempio chi è stato arrestato.

A chi ha problemi con la famiglia, cerchiamo di dare consigli su come affrontare la situazione. Molte ragazze sono chiuse, non possono parlare di ciò che sono in un dialogo da madre a figlia, perché quando una dice a sua madre “sono lesbica”, viene considerata come se ha un demone addosso o che c’è qualcosa che non va in lei. A quel punto o la isolano o la cacciano. Cerchiamo di rassicurare e dare la possibilità di vivere senza troppa paura e senza essere scoperte.

Avere rapporti sessuali con una persona dello stesso sesso in Camerun è un reato punibile con il carcere. Perciò non esistono associazioni LGBTIQ riconosciute dallo Stato, le poche che esistono sono clandestine. Quindi come si riconoscono tra di loro le donne lesbiche/bisessuali in Camerun e come si organizzano?

Ci sono molte ragazze lesbiche/bisessuali che per incontrarsi hanno deciso di fare incontri segreti. Per esempio, tra di noi usiamo dei nomi per riconoscerci che soltanto un gay o una lesbica possono conoscere. Ci sono alcuni locali che organizzano alcune feste, dove vanno sia uomini che donne. Alcuni uomini cercano di non far vedere di essere gay, perciò spesso ci vanno con delle “fidanzate”, ma in realtà è solo una copertura .

Tu conoscevi le associazioni LGBTIQ del tuo paese già quando eri in Camerun o le hai scoperte dopo che sei arrivata in Europa?

Le ho scoperte quando sono arrivata qua, perché in Camerun nemmeno io frequentavo tanto i locali o le ragazze. Preferivo incontrare donne etero, facendole “diventare” bisessuali o lesbiche, perché dove sono cresciuta non era facile riconoscerle. Parlando con una donna non sai cos’è veramente. Provavo anche a caso, con qualche parola, per far capire cosa volevo, o con qualche battuta per vedere se l’altra ci stava o no.

Come siete entrate in contatto con MigraBO’ LGBT e qual è l’obiettivo della conferenza che si terrà questa sera?


Ho visto il lavoro che sta facendo MigraBO’ e mi è piaciuto tantissimo, perché è un gruppo che si muove tanto per i migranti, ho visto la loro voglia di fare, per quello ho deciso di chiedere di organizzare questo incontro e loro hanno accettato. Mi ha fatto piacere soprattutto che loro non hanno perso tempo a dirci di sì, ad ospitarci, a darci una mano per fare crescere la nostra associazione, a darci idee nuove per promuovere le World Queens. Dato che sono più informati di noi, mi piacerebbe fare una formazione insieme a loro su come far funzionare una rete.

Domani è la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Esiste in Camerun un dibattito sul tema della violenza sulle donne, in particolare quella contro le donne lesbiche/bisessuali?

Anche se non posso dire che le donne sono trattate male nel mio paese, le conferenze su questo tema non sono prese tanto in considerazione. L’uomo è comunque presentato come il simbolo della famiglia che decide su tutto. Come figlie possiamo fare poco, a volte protestiamo, ma abbiamo paura che per le parole che diciamo possiamo essere cacciate dalla famiglia o ripudiate: ad esempio, ci sono dei padri che rinnegano le loro figlie perché hanno detto di no ad un matrimonio con un uomo scelto da loro.

Questa iniziativa del 25 novembre è molto importante per noi donne, perché quelle che hanno scoperto di essere lesbiche dopo aver vissuto con degli uomini hanno visto che il loro modo di fare non era buono. Non c’è solo la violenza fisica sulle donne, ma anche quella verbale e psicologica. Questi sono punti su cui vogliamo lavorare con la nostra associazione, soprattutto con le donne bisessuali, per dare una strada da seguire se qualcuna ha un problema nel proprio matrimonio.

 

Dany
©2012 Il Grande Colibrì

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