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La polizia saudita, che nei giorni scorsi aveva arrestato 35 transgender pachistane, si è resa responsabile dell’omicidio di due delle fermate, probabilmente mentre le torturava a bastonate dopo averle rinchiuse in sacchi. Le due vittime sono Amna, originaria della città di Mingora nella provincia del Khyber Pakhtunkhwa, e Meeno, proveniente da Peshawar.

“La maggior parte delle arrestate, di cui appena undici sono state rilasciate dopo il pagamento di 150mila riyal (circa 37.500 euro), sono originarie del Khyber Pakhtunkhwa, mentre le altre sono provenienti da altre città del Pakistan” ha spiegato l’attivista per i diritti delle donne e delle persone transgender Qamar Naseem, del gruppo Blue Veins [The Diplomat], che ha aggiunto: “Torturare esseri umani dopo averli chiusi in sacchi e picchiarli con bastonate è disumano, ma nessuno interviene per protestare, nemmeno il nostro governo, perché la vita delle persone transgender non ha valore per nessuno”.

L’operazione di polizia si è svolta in una casa di riposo, mentre era in corso un incontro formale per scegliere le guru (leader) e le chela (discepole) delle khwaja sara, un’espressione che è sinonimo di “hijra” e indica le persone nate con un corpo maschile, ma che sentono di appartenere a un “terzo sesso” e che assumono abbigliamento e comportamenti tipici del genere femminile.

Parlando al quotidiano The Express Tribune, la transgender Farzana osserva: “Le persone arrestate, se hanno partecipato a qualche attività illecita, andrebbero portate davanti a un tribunale e non trattate come spazzatura dalla polizia, come se fossero animali: uccidere qualcuno senza una sentenza è di per sé illegale”.

Lo scorso anno i media pachistani avevano segnalato come il consolato generale dell’Arabia Saudita avesse diffuso delle linee guida alla Travel Agents Association of Pakistan (Associazione delle agenzie di viaggio del Pakistan; TAAP) per evitare di concedere visti alle persone transgender che volessero effettuare il pellegrinaggio alla Mecca, ma successivamente la TAAP aveva negato la veridicità di quest’informazione. Ma, evidentemente, l’atto di vestirsi da donna in pubblico o l’essere transessuale – che già non è facilmente accettato ovunque in Pakistan – nella monarchia saudita è visto come un pericolo da sradicare con qualunque mezzo. Anche con la morte extra-giudiziale.

 

Michele
©2017 Il Grande Colibrì

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