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Nessuno sapeva che Nikolai Alexeyev, avvocato e attivista per i diritti LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender), sarebbe arrivato a Kostroma, grande città a nord-est di Mosca, lunedì mattina. Nessuno tranne le autorità locali, che l’uomo avrebbe dovuto incontrare nell’ambito di un’azione legale contro il divieto imposto dalla città alla celebrazione del Gay Pride. Eppure, appena sceso dal treno, Alexeyev e il suo compagno Cyril Nepomnyastchy sono stati accolti da due sconosciuti, che prima li hanno sbattuti a terra e presi a pugni e calci e poi hanno gettato sull’avvocato un liquido verdastro e acido, che gli ha danneggiato un occhio. La polizia ha aperto un’inchiesta, ma c’è poco da sperare: le indagini avviate per un aggressione subita l’anno da Alexeyev sempre a Kostroma sono state archiviate in tutta fretta [Gay Russia].

D’altra parte siamo in Russia, un paese in cui i servizi segreti possono mettere a soqquadro il tuo appartamento e notificarti l’accusa di voler creare una “rete terroristica gay” (sic!) con cui organizzare un colpo di stato: è successo nella regione di Chabarovsk, all’estremo oriente del paese, al blogger Andrey Marchenko, reo di aver commentato ironicamente la foto di panchine dipinte di giallo e azzurro (i colori della bandiera ucraina): “Panchine politicamente scorrette in un cortile di Chabarovsk”. Per le forze di sicurezza questo, insieme al fatto che Marchenko è amico di un attivista gay, è stato sufficiente per immaginare scenari cospirazionisti e per irrompere a casa del blogger alla ricerca di scritti estremisti, dollari americani e, tanto per non farsi mancare nessuno stereotipo, materiale pedopornografico [Amurburg].

Insomma, anche se qualche settimana fa Maxim Marcinkiewicz, neonazista leader di Occupy Pedofiliai, è stato condannato a cinque anni di carcere per avere diffuso video con dichiarazioni razziste (mentre i video in cui torturava ragazzini gay ai giudici non sembrano essere sembrati penalmente rilevanti; Interfax), c’è ben poco da festeggiare: non solo il regime non ha allentato la morsa omofobica, ma soprattutto, come scrive Jay Michaelson sul Daily Beast, “la sentenza non fermerà le violenze. Per farlo, è necessario un cambiamento più profondo, a partire dall’omofobia di stato che incoraggia questa violenza. Ma finché la Chiesa ortodossa russa, il governo russo e i media russi diffonderanno bugie sui gay dicendo che sono pedofili, pervertiti o peggio, ci saranno sicuramente altri carnefici”.

E il tamburo battente dell’omofobia continua infatti a risuonare in tutta la Russia, nei paesi confinanti e nei territori occupati. Ad esempio, Serhij Aks’onov, premier dell’autoproclamata Repubblica di Crimea nella penisola ucraina occupata dall’esercito russo, ha dichiarato che bisogna educare i giovani a rispettare la famiglia e i valori tradizionali e che gli omosessuali non sono i benvenuti nei territori da lui amministrati: se si tentasse una manifestazione a favore dei diritti LGBT, “la nostra polizia e le nostre forze di autodifesa reagiranno immediatamente e nel giro di tre minuti spiegheranno a queste persone a quale tipo di orientamento sessuale dovrebbero conformarsi” [Svoboda].

Purtroppo anche sul fronte opposto, tra chi si oppone all’occupazione russa, non tutti si dimostrano rispettosi sulla questione dell’omosessualità: per screditare il colonnello Igor Strelkov, leader delle milizie separatiste filo-russe dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk, è uscito un racconto pornografico dal ben poco allusivo titolo “Succhiando Strelkov”. Il militare russo, “uno degli uomini più malvagi di Europa”, è descritto come un perverso omosessuale, “un incrocio tra un maiale e Adolf Hitler” dotato di un pene piccolo e punito alla fine con l’infezione da HIV. L’autore del libro, venduto da Amazon, e le sue intenzioni rimangono poco chiare, mentre i suoi pregiudizi omofobici sembrano lampanti.

Intanto in Kazakistan si è aperta una polemica sull’immagine di un bacio a fior di labbra tra il compositore kazako Kurmangazy Sagyrbayuly e lo scrittore russo Aleksandr Pushkin, con cui il locale gay di Almaty “Studio 69” vuole ricordare di trovarsi all’incrocio tra le vie che portano il nome di questi due artisti. La pubblicità è stata anche premiata in un concorso nazionale, ma ha suscitato molte critiche e denunce [Tengri News]. E’ intervenuto anche il ministro alla Cultura, Arystanbek Mukhamediuly, che ha usato parole durissime: “E’ assai deplorevole che fatti così brutti avvengano nel nostro fiorente Kazakistan. Onestamente, questi sono atti inumani. Usare personaggi così simbolici per poster di questo genere è inaccettabile. In un certo senso, è un crimine”.

Gli ideatori della pubblicità hanno già dovuto chiedere scusa, ma probabilmente ad attenderli ci saranno conseguenze anche penali [Tengri News]. Perché quello che hanno fatto è “brutto” e “inumano”. Mentre il progetto del governo di criminalizzare l’omosessualità è un meraviglioso esempio di solidarietà umana, vero?

 

Pier
©2014 Il Grande Colibrì

One Comment

  • Patricia Moll ha detto:

    Che ti devo dire? Purtroppo l'omofobia è innata in certe persone. La ritengono una malattia grave magari pure contagiosa… una deviazione verso la bestialità animale…. poi, però, mi piacerebbe proprio sapere quanti dei feroci omofobi manifesta in privato tendenze simili.
    Magari violentano bambini o sono gay repressi.
    Il fatto di inventarsi addirittura il complotto politico-gay è un altro modo per dimostrare la loro meschinità. Sulle violenze stendiamo un velo pietoso. Sono bestie e nient'altro. Mi dispiace solo per i feriti.
    Ciao.

    ps posto lo stesso commento sulla community blogger and blog

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