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I paesi dell’ex Unione Sovietica sembrano fare a gara nel voler dare prova della propria intolleranza nei confronti delle persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersessuali e asessuali). Questa volta le notizie vengono dall’Azerbaijan e, anche se sono ancora incerte e frammentarie, sono drammatiche nella loro grandezza: venerdì il sito EurasiaNet ha denunciato almeno un centinaio di arresti di transessuali e omosessuali nel paese, con episodi di pestaggio e di tortura.

“Improvvisamente, senza una ragione che ci possa apparire chiara, ufficiali di polizia del ministero degli interni hanno organizzato retate di persone gay e trans” aveva raccontato Javid Nabiyev, presidente dell’associazione Nefes LGBT Azerbaijan Alliance (Alleanza Azerbaijan LGBT Respirare), in un video, pubblicato nel weekend, in cui parla di una cinquantina di arresti, avvenuti per strada o in appartamenti privati, con pestaggi e – per molti – una condanna immediata a venti giorni di carcere per resistenza alla polizia.

Police raids in Baku against GAY/ TRANSEXUALS

Javid Nabiyev gives a video report on last police raids against gay/ transexuals in Baku, Azerbaijan. [ … The raids happened in the street locations where they are meeting collectively or private apartments… ][ … More than 50 people got arrested … ][… They were beaten, they have been charged with a drug. Police shaved the hair of some of them. And several people had 20 days penalty because of “strength against the police”. They forced to give the contacts of their friends. ][ … The statement of deputy chairman of the Justice Party Ayaz Efendiyev which supported these actions of the Ministry of Internal Affairs: Defending these creatures who are sources of immorality, dangerous diseases, and who have been cursed by God, Western circles trying to destruct of our national traditions under the name of "human rights"… ]Pubblicato da Nefes LGBT Azerbaijan Alliance su Venerdì 22 settembre 2017

 

Notizie frammentarie

Le notizie, come si diceva, sono frammentarie e incerte: il numero degli arrestati è dato dagli avvocati degli attivisti, ma potrebbe non comprendere tutte le persone colpite da questo provvedimento. Inoltre non è affatto chiara la ragione per cui ci sia stato questo giro di vite nei confronti delle persone omosessuali e transessuali in un paese in cui l’omosessualità in teoria sarebbe legale, anche se non esistono forme di protezione per le minoranze sessuali che, anzi, ricevono pressioni e ricatti perfino da parte delle autorità.

Il vicepresidente del Ədalət Partiyası (Partito della giustizia), Ayaz Efendiyev, ha difeso queste azioni ordinate dal ministero degli interni: “Queste creature sono fonte di immoralità, diffondono malattie e sono maledette da Dio, mentre i circoli occidentali cercano di distruggere le nostre tradizioni nazionali in nome dei ‘diritti umani'” [AZ Politika].

Mentre alcuni media internazionali non esitano a parlare di una “nuova Cecenia” – e si spera che abbiano però fatto tesoro dell’importanza di non ingigantire notizie già gravi per conto loro [Il Grande Colibrì] – le altre scarse notizie sulla situazione arrivano dall’organizzazione per i diritti umani svedese Civil Rights Defender, che è riuscita a mettersi in contatto con diversi attivisti a Baku, garantendo loro l’anonimato: tutti avrebbero subito un trattamento a base di pugni, violenze verbali ed esami medici, mentre alle donne transessuali è stata rasata la testa. Per molti infine la liberazione è costata la delazione di altri componenti della comunità LGBTQIA.

Una svolta omofoba

Le fonti ufficiali di polizia negano che gli arresti siano legati all’orientamento sessuale delle persone: per tutte loro l’accusa formale è di praticare la prostituzione e di diffondere l’AIDS nel paese e le retate sarebbero il frutto di decine di denunce e testimonianze di cittadini stanchi della situazione [Kavkaz-Uzel]. Ma gli attivisti per i diritti umani fanno notare che questa versione, oltre a essere difficilmente credibile, non giustifica né gli arresti, dato che la prostituzione non è considerata reato, né tantomeno il comportamento violento degli agenti.

Oltre alle vittime, comunque, anche le dichiarazioni della politica sembrano confermare la svolta omofobica di un paese che già nel 2015 era stato oggetto di una risoluzione del Parlamento europeo in cui si parlava di attacchi ai difensori dei diritti umani e di grande preoccupazione per le persone LGBTQIA che vivono nello stato.

Michele Benini
©2017 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì

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