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“La bella e la bestia” è uno dei film più attesi di questa stagione primaverile, ma, prima ancora di essere proiettato nelle sale cinematografiche di tutto il mondo, ha provocato molto clamore per una sequenza di ballo e canto tra due personaggi delle stesso sesso: l’antagonista bello e arrogante Gaston e il suo accompagnatore e assistente LeFou (ribattezzato LeTont nella traduzione italiana).

L’origine della fiaba è stata attribuita a Giovanni Francesco Straparola perché fu trovata nel suo libro dei racconti “Le piacevoli notti” [Liber Liber] pubblicato nel 1550, mentre il racconto era originariamente ambientato sul Lago di Bolsena, a Viterbo. Ma la storia come la conosciamo oggi è stata sviluppata in quasi 400 pagine e diffusa in tutta Europa solo nel 1740 dalla scrittrice francese Gabrielle-Suzanne Barbot de Villeneuve nel suo libro “La jeune américaine, et les contes marins” (La giovane americana, e i racconti marini).

Al contrario di altri che avevano riadattato la fiaba in molte versioni brevi, Villeneuve volle trasmettere un messaggio diverso, estendendo la storia e aggiungendo numerosi dettagli sulle famiglie di entrambi i protagonisti, Belle e la Bestia. L’autrice, attraverso la sua lunga versione, lanciò una forte critica alla società contemporanea che costringeva le donne a sposarsi per convenienza, anche con mariti peggiori delle bestie.

La primissima versione cinematografica di questo film risale al 1945, adattata dal regista francese Jean Cocteau, e vede Jean Marais nelle vesti della Bestia e Josette Day in quelle di Belle. Però il vero successo ottenuto da questa fiaba se lo aggiudicò la Disney che vinse, nel 1991, il premio Oscar per la miglior colonna sonora e un secondo Oscar per la miglior canzone originale. Inoltre, il grande classico Disney è il primo film d’animazione della storia cinematografica ad essere stato nominato al premio Oscar per il miglior film.

A distanza di 3 anni dall’ultima trasposizione cinematografica francese di “La Belle et la Bète”, con Vincent Cassel e Léa Seydoux, stiamo assistendo allo scalpore evocato dalla scena gay volutamente introdotta dal regista Bill Condon, che dichiara alla rivista Attitude: “LeFou è uno che talvolta vuole essere lui stesso Gaston e altre volte vuole solo baciarlo. Si sente confuso da ciò che prova per il suo padrone… Rappresentando l’attrazione esplicitamente gay in questa sequenza, lo Studio vuole trasmettere il messaggio che è una cosa normale e naturale: questo messaggio arriverà in tutto il mondo, anche nei paesi dove l’omosessualità continua a non essere accettata socialmente o è addirittura considerata illegale”.

Infatti, dopo le dichiarazioni del regista riguardo alla scena gay, la prima a reagire è stata la Russia che ha imposto l’obbligo d’età di 16 anni per poter vedere il film, il che significa che anche i più giovani devono essere accompagnati da una persona che ha 16 anni o più.

Invece il governo malese ha chiesto alla Walt Disney di censurare la parte considerata gay, ma il portavoce del colosso americano ha rifiutato di eliminare la scena dicendo che non è previsto alcun taglio e che non verrà censurata nessuna parte del film, nemmeno per la Malesia [Los Angeles Times]. Il risultato è che la Disney ha deciso di non proiettare il suo grande film dell’anno nello stato federale malese.

Sarà che la religione dello stato malese è l’islam, sarà per un discorso tradizionale a noi incomprensibile, ma la Malesia – malgrado vanti una delle economie più competitive del pianeta, una grande apertura turistica e una convivenza pacifica tra le varie religioni presenti sul territorio – si è resa ridicola agli occhi di tutto il mondo chiedendo si censurare la scena di una canzoncina cantata da un maschio e dedicata ad un altro maschio.

 

Lyas
©2017 Il Grande Colibrì

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