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Mentre i tunisini stavano festeggiando il premio Nobel dato al Quartetto per il dialogo nazionale tunisino durante la Giornata dei diritti umani [il 10 dicembre; ndr], un tribunale tunisino emetteva contro sei studenti una sentenza medievale sulla base di una madornale invasione della loro vita privata e della loro integrità fisica“: con queste parole Amna Guellali, direttrice di Human Rights Watch in Tunisia, ha commentato la condanna inflitta contro sei ragazzi omosessuali da un giudice di Qayrawan, una grande città nel centro del paese [hrw.org]. Ai sei studenti universitari, tutti tra i 18 e i 19 anni, è stata inflitta la pena massima prevista per il reato di sodomia dall’articolo 230 del codice penale tunisino, cioè tre anni di carcere, ai quali si aggiungeranno altri sei mesi di prigionia per uno dei ragazzi che era in possesso di video pornografici gay sul proprio computer [gay.it].

Non solo: quando usciranno dal carcere, i giovani saranno banditi dalla città per cinque anni, “una punizione inedita per i casi di sodomia – spiega l’avvocatessa Fadoua Braham a liberation.frSi tratta di una legge del 1913 che è stata applicata molto raramente, soprattutto nei confronti delle prostitute negli anni Sessanta e Settanta“. I ragazzi probabilmente sono stati sottoposti, come purtroppo è consuetudine, a test anali da parte della polizia e si teme che possano subire violenze in carcere da parte dei compagni di cella.

Secondo Ahmed Ben Amor, vicepresidente dell’associazione per la depenalizzazione dell’omosessualità Shams, la prima organizzazione per i diritti LGBT ufficialmente riconosciuta in Tunisia [ilgrandecolibri.com], una cinquantina di persone ogni anno verrebbe condannata per il reato di omosessualità e altrettante si suiciderebbero sotto la pressione dell’omofobia sociale. Che la situazione sia molto difficile lo sanno bene a Shams: recentemente il ministero degli interni ha avvertito Hedi Sahly, portavoce dell’associazione, dell’esistenza di minacce talmente serie da indurlo ad abbandonare il paese e a rifugiarsi all’estero [webdo.tn].

A rendere il clima ancor più pesante, ci pensa la politica. Per esempio, il deputato Abdellatif Mekki, del partito islamista Ennahda, ha accusato Shams di mettere in pericolo la pace sociale, lanciando contro i suoi attivisti denunce ridicole: farebbero aumentare il numero dei divorzi, il consumo di droga e la frequenza delle violenze coniugali. Non si dimostra affatto amichevole neppure la polizia, che, per notificare a Shams l’impossibilità di svolgere una manifestazione il 10 dicembre, decisione legata allo stato di emergenza decretato dopo l’attentato del 24 novembre [ilgrandecolibri.com], avrebbe sottolineato: “Non si può permettere questa perversione” [al-monitor.com].

La manifestazione del 10 doveva servire per chiedere l’assoluzione di Marwen, nome di fantasia assegnato a un giovane di Sousse arrestato in settembre, sottoposto a test anale, rimesso in libertà provvisoria grazie alla forte mobilitazione della società civile, ma ancora in attesa di giudizio (la sua sorte dovrebbe essere decretata domani) [ilgrandecolibri.com].

Proprio la sua vicenda aveva sollevato una grande ondata di indignazione tra i cittadini, che si è espressa con un inaspettato sostegno alla campagna dell’associazione Mawjoudin (Esistiamo) lanciata proprio il 10 dicembre su facebook.com. Alla campagna hanno aderito molte persone sconosciute, ma anche decine di personalità importanti del mondo accademico, politico e soprattutto artistico, in particolare alcuni tra i nomi più nomi del cinema tunisino (i registi Nabil Ayouch e Salma Baccar, le attrici Anissa Daoud e Sawsen Maalej, gli attori Raouf Ben Amor e Fadhel Jazira…; nella foto).

Anche per questo, nonostante gli ultimi arresti, gli attivisti LGBT tunisini sembrano ancora sorprendentemente ottimisti: sono convinti che il percorso del paese verso la democrazia andrà a buon fine e riserverà miglioramenti importanti nella vita di omosessuali, bisessuali e transgender. Inoltre vedono emergere un sostegno sempre più ampio e visibile nei propri confronti, anche se è lontano dall’essere maggioritario. “Come in paesi come il Marocco, il Libano e la Francia, anche qui molte organizzazioni sono pronte a schierarsi a favore dei diritti LGBT – spiega Bouhdid Belhadi, portavoce di Shams, a independent.co.ukDopo il caso di Marwen, molti gruppi e partiti politici, come il Partito social-liberale e Human Rights Watch, hanno dichiarato il loro sostegno ai diritti gay“.

La fioritura del gelsomino della libertà per tutti è ancora lontana, ma in Tunisia tanti coraggiosi e infaticabili giardinieri sono già all’opera. E noi saremo al loro fianco.

AGGIORNAMENTO DEL 17 DICEMBRE 2015: La sentenza di appello nei confronti di Marwen ha portato ad una riduzione della pena da un anno a due mesi di carcere, periodo di detenzione che il ragazzo ha già scontato [jeuneafrique.com].

 

Pier
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