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Il dibattito sull’omosessualità in Tunisia è un braccio di ferro che, comunque andrà, avrà enormi influenze sul rispetto delle minoranze sessuali e, più in generale, sui processi di laicizzazione in Africa settentrionale e in Medio Oriente. Per questo è così importante sostenere il movimento tunisino con la raccolta fondi di Ponte Arcobaleno. E per questo è così importante sentire la voce di chi combatte in Tunisia. Fadoua Braham, avvocatessa di molti giovani accusati di “sodomia”, e Nadhem Oueslati, attivista dell’associazione DAMJ, saranno a Torino il 6 maggio alle 18 (ospiti del Gay and Lesbian Film Festival per un incontro al Cinema Massimo in via Verdi 18) e a Milano il 7 maggio alle 18 (ospiti di Ponte Arcobaleno per un dibattito alla Casa dei diritti in via De Amicis 10; Facebook). Ed è proprio Oueslati l’autore dell’articolo che pubblichiamo qui sotto.

DIFENDERE I DIRITTI LGBTQI IN TUNISIA

Dopo la caduta del regime autoritario nel 2011, sono state create molte associazioni. Tra queste anche DAMJ, l’Associazione tunisina per la giustizia e l’uguaglianza, che è stata fondata da attivisti che avevano già realizzato molte attività in modo informale già a partire dal 2002 e che ha ottenuto la licenza a operare nell’agosto del 2011. I principali obiettivi di DAMJ sono la difesa delle persone LGBTQI (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali), la presa in carico socio-economica delle persone in difficoltà a causa del loro orientamento sessuale o della loro identità di genere, la sensibilizzazione sulla diversità sessuale e identitaria.

Le azioni che intraprende DAMJ sono spesso a carattere filantropico: affrontare un’emergenza, sostenere finanziariamente e prendersi carico da un punto di vista socio-economico delle persone appartenenti dalla comunità LGBTQI che si trovano in una situazione difficile (in particolare le vittime dell’articolo 230 del codice penale tunisino che criminalizza l’omosessualità) e che spesso sono cacciate dalla famiglia a causa solamente del loro orientamento sessuale o della loro identità di genere.

Lo scopo di DAMJ è il rispetto delle minoranze e la promozione dei loro diritti umani. Al centro dell’intervento dell’associazione c’è la difesa dei diritti delle persone LGBTQI, con la priorità assoluta di arrivare all’abrogazione dei testi di legge che criminalizzano le cittadine e i cittadini in base al loro orientamento sessuale o alla loro identità di genere. Inoltre riteniamo che il rafforzamento delle conoscenze delle persone LGBTQI nella prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili e dell’HIV e il sostegno alle competenze degli attivisti, in particolare attraverso la creazione di uno spazio reso sicuro ed efficiente per i militanti LGBTQI, sia un elemento chiave per contribuire alla sostenibilità del movimento e della dinamica comunitaria.

UN DIBATTITO SEMPRE PIÙ INFIAMMATO

Da un anno la società civile tunisina ha iniziato a discutere della questione dell’omosessualità: c’è chi è contrario a considerare l’omosessualità un reato, per rispetto della libertà individuale, e c’è chi è a favore dell’incarcerazione delle persone omosessuali e non perde occasione per qualificarle come malate e perverse.

Due settimane fa su un canale TV che ha un’audience molto alta, l’attore tunisino Ahmed Landolsi ha parlato di omosessualità definendola una “malattia”. Ha detto persino di peggio nelle sue dichiarazioni apertamente omofobiche e sessiste: “Gli omosessuali si dividono in tre categorie: i primi sono i poveri che non possono farci niente: sono stati cresciuti tra le gonne delle donne. I secondi lo fanno con discrezione. Poi ci sono i terzi, quelli a cui non manca niente. Sui primi e sui secondi possiamo al limite chiudere un occhio, ma i terzi mi fanno schifo”. Questo attore è stato sostenuto e difeso dal cantante Walid Tounsi, che ha detto che le frasi del suo amico attore sarebbero state pronunciare da un artista che è amato dai tunisini e che li rappresenta.

UN’ESPLOSIONE MAI VISTA DI OMOFOBIA

Queste due apparizioni in televisione sono state condivise sui social network, diventando virali, e si è alzata un’ondata di omofobia mai vista prima in Tunisia, soprattutto contro i gay: cartelli con la scritta in arabo “Vietato agli omosessuali” proibiscono l’accesso a negozi, ristoranti e bar, mentre qualcuno reclama una legge che autorizzi l’uccisione dei gay attraverso fotografie postate sui social network a quanto sembra da agenti delle forze dell’ordine. La comunità LGBTQI sta vivendo uno dei periodi più difficili da sopportare [Il Grande Colibrì].

L’articolo 230 del codice penale continua a essere applicato e le pratiche discriminatorie sono in costante aumento: per questo una mobilitazione associativa e comunitaria su scala nazionale e internazionale non è stata mai così fondamentale.

 

Nadhem Oueslati
©2016 Il Grande Colibrì

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