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Malgrado una maggiore tolleranza rispetto ad altri paesi dell’Africa, la Tunisia resta uno stato dove l’omosessualità è vietata dalla legge e la situazione non è cambiata nemmeno con la nuova costituzione del 2014, molto avanzata come principi ma spesso disattesa per quello che riguarda le libertà individuali. Quindi, sia pure raramente, l’articolo 230 del codice penale continua ad essere utilizzato per punire la “sodomia”, come accaduto lo scorso giugno per un adolescente condannato a quattro mesi.

La fluidità della situazione nel paese e le numerose proteste delle scorse settimane hanno quindi indotto l’Association des Libres Penseurs (Associazione dei liberi pensatori; ALP), la prima organizzazione apertamente atea del paese, a organizzare per sabato scorso una manifestazione in favore del rispetto delle libertà individuali, a cominciare dalla parità tra uomini e donne fino all’abolizione dell’articolo 230 del codice penale che criminalizza l’omosessualità. Alla manifestazione hanno aderito diverse organizzazioni, tra cui Shams (Sole), un’associazione LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersessuali e asessuali) che due anni fa ha vinto la battaglia per poter esistere legalmente.

Forze di insicurezza

La manifestazione era prevista alle 14 davanti al Ministero del turismo e dell’artigianato, ma nella notte tra venerdì e sabato il Ministero dell’interno ha comunicato che non si sarebbe potuta svolgere. Nonostante l’improvviso divieto, sulla piazza dove la protesta era stata organizzata si è comunque presentata una dozzina di attivisti, “armati” di cartelli che chiedevano una società più laica e diritti per le donne e per le persone LGBTQIA, ma sono stati dispersi con la forza da agenti in borghese, che hanno anche trattenuto brevemente due partecipanti che tentavano di mostrare una bandiera arcobaleno.

In una dichiarazione rilasciata all’Agence France Presse (AFP), la portavoce del Ministero dell’interno Khalifa Chibani ha affermato che la manifestazione è stata vietata principalmente per garantire l’ordine pubblico e l’incolumità degli eventuali partecipanti: “Avevamo informazioni secondo le quali sarebbero stati presi di mira”, ha spiegato. E così, invece di proteggere i manifestanti dagli intolleranti, a picchiarli ci ha pensato direttamente la polizia. Un modo curioso di garantire la sicurezza…

Michele Benini
©2018 Il Grande Colibrì

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