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Quasi agli antipodi tra una situazione e l’altra, due buone notizie promettono di modificare i rapporti tra il mondo LGBTQI (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali) e la comunità ebraica. E per quanto il matrimonio egualitario celebrato in Argentina tra due lesbiche sia stato il primo del continente ad essere celebrato in una sinagoga, la maggiore apertura richiesta da parte del gruppo di rabbini ortodossi Beit Hillel (Casa di Hillel) nei confronti delle persone LGBTQI in Israele è probabilmente la novità di maggior rilievo perché riguarda uno stato e una religione che molto spesso sono percepiti ben diversamente da come si rapportano davvero ai diritti delle minoranze sessuali.

ISRAELE: APPELLO PER LE PERSONE LGBT

In Israele, anche se è lo stato dove i nativi omosessuali se la passano largamente meglio rispetto a tutti quelli del Medio Oriente, non si possono celebrare matrimoni egualitari perché non esiste il matrimonio civile: lo stato, esattamente come nei paesi musulmani che lo circondano, è un’istituzione legata a filo doppio alla religione e quella ebraica vieta l’omosessualità con le stesse parole che usano quella cristiana e quella islamica, dato che la radice che ha prodotto quest’intolleranza è la stessa.

Oggi le persone LGBTQI sono escluse da tutti i servizi religiosi delle comunità ebraiche ortodosse in Israele e per quanto, come lamenta giustamente Daniel Jonas, presidente dell’associazione gay ebraica Havruta (Amicizia), nel documento di Beit Hillel non si trovi traccia di alcun diritto civile né di alcuna apertura alle unioni tra persone dello stesso sesso, all’adozione e alla maternità surrogata, la presa di posizione è già un punto di partenza importante che, ci si augura, “costituirà un’apertura per un dialogo tra uguali, che al termine del processo porterà al riconoscimento di noi come persone, delle nostre unioni e delle nostre famiglie” [jpost.com].

ARGENTINA: NOZZE  GAY IN SINAGOGA

Che un giorno anche in Israele ci possano essere più famiglie è per ora una speranza, ma in Argentina questo è già possibile e lo è anche per le persone di religione ebraica, come Victoria Escobar e Romina Charur che si sono unite in matrimonio in una sinagoga del quartiere Belgrano di Buenos Aires. Certo, qui l’ebraismo è di matrice meno ortodossa che in Israele, perché prevalgono conservatori e riformati, che vogliono “garantire a tutti i membri della comunità lo stesso accesso ai diritti“, tanto che è possibile anche l’ordinazione di rabbini apertamente omosessuali [telam.com.ar]. Ma unendo le due notizie, almeno un po’ di speranza sembra possibile, per un futuro sempre più inclusivo, entro qualunque confine ci si sposti.

Michele
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