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Domenica 5 ottobre i brasiliani andranno a votare per eleggere il presidente della repubblica, oltre ai governatori degli stati federati e ai parlamentari federali e locali. La campagna elettorale, molto vivace, è stata dominata dai temi della laicità dello stato e dei diritti delle persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender), in un paese dove, da una parte, il numero degli evangelici tradizionalisti e dei fedeli delle altre chiese cristiane integraliste è in clamoroso aumento da anni (dal 2000 al 2010 è cresciuto dal 15% della popolazione al 22%) e, dall’altra, il movimento omosessuale e transessuale è molto combattivo ed efficace. Il Brasile ha fatto molti passi avanti negli ultimi decenni: le persone transessuali possono cambiare il proprio genere anagrafico dal 2009, mentre le coppie omosessuali possono unirsi civilmente dal 2004, possono adottare dal 2010 e possono sposarsi dal 2013.

A dire il vero, la campagna elettorale è stata abbastanza soporifera fino al 13 agosto, quando Eduardo Campos, candidato presidente del Partito Socialista (PSB), è morto in un incidente aereo ed è stato sostituto dalla sua vice, l’ex ministra per l’ambiente Marina Silva (nella foto). Silva, famosa tanto per le sue battaglie ecologiste quanto per la sua conversione dal cattolicesimo all’evangelismo alla fine degli anni Novanta, ha suscitato un’incredibile ondata di consensi che le ha permesso di superare nei sondaggi Dilma Rousseff, presidentessa uscente e candidata fino ad allora super-favorita del Partito dei Lavoratori (PT).

E’ stata proprio Marina Silva, suo malgrado, a far diventare le tematiche LGBT così centrali nella campagna elettorale brasiliana. La candidata socialista ha pubblicato un programma in cui prometteva di lottare contro l’omofobia e di appoggiare il diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso, riconosciuto da pochi mesi grazie a un organo giudiziario, ma non ancora ratificato da una legge. Peccato che nel giro di poche ore, dopo le veementi proteste dei leader evangelici, Silva abbia deciso di ritirare il programma, dicendo che si trattava di una bozza diffusa per errore, per sostituirlo con promesse molto meno progressiste in cui il matrimonio (“E’ per le persone di sesso diverso“) viene sostituto dalle unioni civili… che però sono state approvate in Brasile già dieci anni fa! (globo.com)

I giudizi degli attivisti LGBT su Silva non sono unanimi, ma raramente sono positivi: se molti non hanno dubbi sulla sua omofobia, altri le concedono il beneficio del dubbio, ma quasi mai si spingono a descriverla con aggettivi più positivi di “ambigua“. Per la maggior parte dei militanti, si tratta di un’occasione persa: il Partito Socialista è una forza politica prevalentemente gay-friendly e Eduardo Campos, il candidato morto, aveva espresso il suo appoggio ai diritti di omosessuali e transessuali senza ambiguità. Campos era giudicato come un buon politico per arginare l’assalto degli integralisti cristiani alla politica brasiliana (il numero di pastori evangelici candidati è cresciuto di quasi il 50% rispetto alle scorse elezioni).

Le scelte di Silva, volute o non volute che siano state, hanno alimentato lo scontro ideologico e le tensioni, fino a sfociare nell’aggressione contro il candidato deputato gay Waldir Pires Bittencourt, del Partito Socialismo e Libertà (PSOL): un ignoto gli ha scagliato una pietra in faccia da un’automobile. Bittencourt non ha dubbi sulla natura omofobica del gesto: “Sono l’unico candidato che difende l’agenda LGBT in uno stato [Amapá, nel nord del Brasile; NdR] pieno di disuguaglianze e periferico, in cui è molto forte l’incitamento all’odio contro gli omosessuali, i neri e le minoranze“. Bittencourt ha poi aggiunto: “Non sono la prima vittima, no: la violenza contro le persone LGBT nel nostro stato è una routine” (yahoo.com).

Ma le ambiguità di Silva hanno anche danneggiato la sua marcia trionfale: non solo ha perso l’appoggio di personalità famose come l’attore e regista Mark Ruffalo (markruffalo.tumblr.com), ma ha iniziato a precipitare nei sondaggi, scendendo nell’ultimo mese dal 34 al 25% nelle intenzioni di voto per il primo turno e dal 50 al 41% in quelle per il probabile ballottaggio contro Roussef (folha.uol.com.br). E ed è proprio Dilma Roussef, l’attuale presidentessa, a godere maggiormente di questo tonfo, dal momento che da una decina di giorni è tornata a dominare i sondaggi. La comunità LGBT ha tirato un sospiro di sollievo? Non proprio.

Il Partito dei Lavoratori, infatti, si è sempre proclamato a favore dei diritti, ma il governo di Roussef ha profondamente deluso. “Disincanto è la parola che esprime meglio la percezione della militanza LGBT nei confronti del partito della presidentessa Dilma Roussef. Per mantenersi al potere, il partito si è associato alle parti più retrograde, corrotte, oligarchiche, oppressive, sfruttatrici e fondamentaliste della società brasiliana” accusa gbtbrasil.com.br, per poi rincarare ancora di più la dose: “Per mantenere l’appoggio del fronte fondamentalista, il governo di Dilma ha promosso i più grandi passi indietro nelle politiche pubbliche per la salute, l’istruzione e la sicurezza delle persone LGBT dall’avvento della Nuova Repubblica“, cioè dalla caduta della dittatura militare nel 1985.

Non si possono riporre grandi speranze neppure nel terzo posizionato nei sondaggi, Aécio Neves, che anzi appare peggiore delle due favorite: il suo Partito della Social Democrazia (PSDB) in qualche caso ha portato avanti politiche gay-friendly a livello locale, ma molto più spesso si è alleato con pastori fondamentalisti omofobi, arrivando ad appoggiare proposte a favore delle cosiddette terapie riparative contro l’omosessualità.

Ma al peggio non c’è mai fine e così persino Neves sembra quasi un moderato al confronto con Levy Fidelix, candidato presidente del Partito Rinnovatore Laburista (PRTB), che in tv ha spiegato la sua contrarietà alle unioni omosessuali con parole incredibili: “A quanto ho visto nella mia vita, due persone dello stesso sesso non fanno figli. Dico di più: il sistema escretore (sic!) non serve alla riproduzione” (ultimosegundo.ig.com.br). Il pubblico in sala è scoppiato a ridere per la stupidità di queste argomentazioni e Fidelix non dovrebbe ottenere neppure l’1% dei voti, ma a considerare tutto in queste elezioni brasiliane le persone LGBT forse hanno davvero poco da ridere…

Pier Cesare Notaro
©2014 Il Grande Colibrì
immagine: Il Grande Colibrì

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