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Non si era ancora spenta l’eco del coming out del calciatore Robbie Rogers e della cestista Brittney  Griner (Sports Illustrated), che nei giorni scorsi il mondo del basket americano è stato scosso da un altro giocatore – Jason Collins – che ha scelto di venire allo scoperto (Sports Illustrated). La notizia, ripresa dai media di tutto il mondo, è di per sé importante (nessun atleta della NBA si era fin qui dichiarato gay) ma è ancora più rilevante se si osservano le reazioni di approvazione degli altri giocatori, eccezion fatta per un commento un po’ acido di Mike Wallace che ha irriso Collins e coloro che si complimentavano con lui bollandoli come “donnicciole“, salvo poi pentirsi e far sparire il suo commento, scusandosi per la battuta (The New York Times).

Ancora di maggior rilievo appare la popolarità del coming out per l’opinione pubblica, testata in un sondaggio dall’emittente ABC insieme al Washington Post. Dai dati emerge un’approvazione pressoché tra tutte le categorie sociali e politiche per Collins, con  le sole eccezioni di coloro che si definiscono molto conservatori (chi disapprova qui è il 47% contro il 45 di coloro che si sono espressi favorevolmente) e tra coloro che sono contro i matrimoni gay (50 contro 41%), ma anche questi dati appaiono piuttosto equilibrati, considerando le categorie di persone che li hanno espressi. In generale il cestista ha raccolto il plauso del 68% degli americani, mentre ha suscitato la riprovazione del 23% e il divario aumenta ancora se si prendono in considerazione gli intervistati più giovani.

Una curiosità è data da una delle motivazioni che ha spinto Collins, che era comunque out già per familiari ed amici, ad uscire allo scoperto: “Ho capito di aver bisogno di dirlo pubblicamente quando Joe Kennedy, mio compagno di stanza a Standford e ora un rappresentante del Congresso del Massachusetts, mi disse che era appena stato a Boston a marciare al Gay Pride. Io sono raramente geloso degli altri, ma sentire ciò che Joe aveva fatto mi ha riempito di invidia“.

Lo sport, che sembra comunque fare passi da gigante nella giusta direzione, rimane tuttavia un mondo dove l’omofobia trova molto più spazio dell’accettazione, come osserva con dovizia di motivazioni Christopher L. Gasper su Boston.com. E la sua opinione trova purtroppo conferma nella notizia che almeno otto calciatori che disputano il campionato inglese hanno rivelato ad alcuni compagni di essere gay ma che non intendono fare coming out per paura di diventare bersaglio del tifo omofobico (The Guardian), nonostante la capitana della nazionale femminile inglese, Casey Stoney, in un articolo scritto per la BBC, abbia approvato e incoraggiato le rivelazioni coraggiose degli sportivi, sostenendo che “l’omosessualità nello sport non dovrebbe essere un problema“.

E se altri sport sembrano pronti per un annuncio, ma mancano dell’atleta che si dichiari omosessuale, come il tennis (USA Today), ce ne sono alcuni che hanno storicamente ospitato i primi atleti gay dichiarati, come il nuoto, e che si confermano molto friendly, come dimostrano le storie di Sean Mulroy (Out Sports) e dell’olimpionico Amini Fonua (The Battalion).

Ma ultimamente anche uno degli sport “machisti” per eccellenza, il football americano, sembra mostrare segni di apertura sempre più evidenti e frequenti. La squadra dell’Ohio State ha accettato molto bene l’omosessualità pubblica di Derrick Anderson (Buckeye Xtra) e Chris Kluwe dei Minnesota Vikings si allontanerà forse dalla sua squadra ma solo perché la difesa dei diritti gay è per lui più importante che giocare a football (Huffington Post), mentre la storia di Kevin Grayson, campione a tutti i livelli in ogni competizione della Virginia Centrale, potrà forse aiutare il pubblico e il mondo del suo sport a capire che l’omosessualità è un fatto assolutamente normale, anche nello sport (WTVR).

Anzi, a volte lo sport può essere un aiuto per venire allo scoperto, per accettarsi o per decidere di cambiare, perché non ci si trova a proprio agio nel proprio corpo. Come è successo a Taylor Edelmann, transgender f2m che attraverso la pallavolo ha trovato la via d’uscita per sfogare le tensioni e le paure di essere identificato come “il ragazzo trans” e farsi accettare per quello che è diventato (USA Today).

 

Michele
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