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La Russia cerca di diffondere sempre più l’omofobia, in particolare nei paesi dell’est europeo e negli stati ex sovietici dell’Asia. Tra questi, il Kirghizistan sta discutendo in questi giorni una serie di provvedimenti che sembrano fotocopiati da quelli approvati lo scorso anno dal Cremlino, ma con qualche particolare che ne peggiora persino la portata. Ad opporsi a queste norme ci sono, apertamente, pochi attivisti. Tra di loro Dastan Kasmamytov, che illustrerà sabato pomeriggio la situazione del proprio paese in una conferenza a Roma (via di Torre Argentina 76, ore 16) organizzata da Certi Diritti in collaborazione con Il grande colibrì (parteciperà anche Antonio Stango, che segue i lavori della Commissione per i diritti umani dell’ONU per il Partito Radicale Transnazionale). Abbiamo intervistato Dastan Kasmamytov per avere maggiori notizie e per capire come sostenere l’opera degli attivisti kirghisi.


Com’è la vita quotidiana delle persone LGBT in Kirghizistan? Esiste ad oggi qualche forma di riconoscimento di diritti da parte dello stato per le persone LGBT?

La vita quotidiana delle persone LGBT è molto nascosta, ci sono solo poche persone che sono venute allo scoperto. Questo a causa del diffuso pregiudizio, della violenza e dell’odio. Secondo il diritto le persone LGBT hanno gli stessi diritti, poiché la Costituzione proibisce qualsiasi tipo di discriminazione (senza menzionare tuttavia l’orientamento sessuale e l’identità di genere), ma di fatto le persone LGBT affrontano stigma, odio e violenza ovunque: in casa, al lavoro, a scuola, eccetera. In più la situazione è peggiorata a causa della brutalità della polizia verso gli LGBT, che è stata ben documentata di recente da un rapporto di Human Rights Watch (hrw.org).

Quali sono i peggiori casi di discriminazione?

I peggiori casi di discriminazione, odio e violenza sono affrontati da coloro che subiscono uno stigma multiplo per ragioni che includono l’orientamento sessuale, l’identità di genere, lo status socio-economico, l’etnia, eccetera. Per esempio, la vita quotidiana delle lavoratrici del sesso transgender arrivate da aree rurali o la vita di una persona transgender con disabilità è molto più difficile della vita di altri LGBT. Inoltre gli attivisti LGBT affrontano odio e violenza a causa della loro visibilità.

Una nuova proposta di legge è in discussione: cosa comporta?

Di base, la legge sulla propaganda che si discute ora è importata dalla Russia e copiata parola per parola dall’analoga legislazione russa. In ogni caso la legge proposta in Kirghizistan è molto più dura: prevede detenzione fino a cinque anni per ogni notizia sulle relazioni sessuali non tradizionali diffusa su mass media, internet e altri mezzi di comunicazione. Inoltre, a differenza della legge sulla propaganda russa, la proposta kirghisa proibisce la propaganda a chiunque, non solo ai minori.

La proposta non è l’unica in discussione in parlamento, giusto?

La legge sulla propaganda è parte di un pacchetto importato dalla Russia che mina i diritti umani, la società civile e la democrazia in Kirghizistan, minacciando la libertà d’espressione, di riunione, di associazione, il diritto ad informare, eccetera. In settembre il nostro parlamento discuterà anche una legge sugli agenti stranieri. Ci sono stati anche tentativi di approvare un disegno di legge sullo spionaggio e di bloccare la legge progressista sui diritti e la salute sessuale e riproduttiva. Infine il governo ha già limitato il diritto di assemblea, restringendo le possibilità di riunioni pubbliche e perseguitando gli attivisti, che esprimono opinioni negative sull’influenza russa.

La Russia come influenza, direttamente o indirettamente, il dibattito sui diritti LGBT nel vostro paese?

La Russia gioca un ruolo enorme, imponendo un concetto di “valori tradizionali, culturali e morali”, sia globalmente che a livello regionale. I politici russi sono efficaci nel sostegno “dietro le quinte” e influenzano direttamente i nostri politici. C’è inoltre un chiaro collegamento tra coloro che hanno organizzato un incontro anti-LGBT davanti all’ambasciata americana e al parlamento, e le organizzazioni russe come Rossotrudnichestvo (RusAID) e l’Istituto di studi eurasiatici. In più la Russia appoggia i gruppi anti-occidentali, anti-LGBT, anti-Ucraina che hanno iniziato a occupare stabilmente gli spazi dei mass media e dei social media. E la Russia fa a sua volta propaganda diretta, pagando giornalisti locali per scrivere articoli pieni di odio, blogger per scrivere post pieni di odio e nazionalisti per organizzare incontri anti-LGBT.

Le autorità religiose si sono espresse a proposito della proposta di legge?

Le autorità religiose (i muftì) hanno emesso una fatwa (opinione legale religiosa) in gennaio con un chiaro incitamento all’odio e all’uccisione delle persone LGBT. Questa fatwa ha giocato un ruolo importante nel formare l’opinione pubblica, dato che molti in Kirghizistan sono musulmani.

Cosa possono fare i gruppi fuori dal Kirghizistan per aiutare la vostra lotta contro questa proposta di legge?

Di recente abbiamo pubblicato un comunicato per la comunità internazionale, dove proponevamo cinque modi per aiutarci (docs.google.com). Innanzitutto potete diffondere informazioni a proposito della legge sulla propaganda; poi potete discuterne e attivarvi; in terzo luogo potete richiedere migliori politiche d’asilo per persone LGBT che provengono dal nostro stato; inoltre i finanziatori stranieri dovrebbero rivedere il loro impegno e i loro programmi in Kirghizistan; infine le organizzazioni internazionali e i governi che ci appoggiano dovrebbero introdurre sanzioni verso le personalità omofobe.

Quando una nazione approva o discute leggi omofobiche, molti attivisti propongono il boicottaggio dell’intera nazione: basta viaggi in quel paese, basta commerci, basta aiuti per lo sviluppo… Una proposta di questo tipo è controversa: secondo alcuni è l’unico modo per esercitare una forte pressione sui governi omofobici; secondo altri è una misura inefficace e ingiusta, anche perché penalizza pure la popolazione non omofoba. Qual è la tua opinione?

Siamo contrari a misure di questo tipo. Se la nazione dovesse avere problemi per sanzioni così severe, gli attivisti LGBT sarebbero i primi a prenderne la colpa. Questo non ci aiuterebbe per nulla. Proponiamo piuttosto di rivedere i finanziamenti per l’aiuto allo sviluppo, per assicurarsi che finiscano a gruppi vulnerabili e di introdurre misure concrete e sanzioni (negare il visto, congelare le loro partecipazioni finanziarie all’estero, eccetera) contro esponenti pubblici omofobi, compresi coloro che hanno proposto il disegno di legge.

 

Pier e Michele
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