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L’epidemia di coronavirus è purtroppo giunta in Nigeria a febbraio, quando i medici hanno ufficialmente registrato il primo caso di paziente affetto da COVID-19. Qualche settimana dopo, il rapido espandersi del virus ha convinto il presidente Muhammadu Buhari a sospendere completamente le attività in tre dei 36 stati federati dello stato subsahariano: Lagos, Ogun e Abuja. Il lockdown, che stando alle disposizioni governative dovrebbe durare 14 giorni, rischia di avere ripercussioni ed effetti davvero molto gravi e pesanti sulle vite delle persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali).

Chiuso col padre omofobo

Festus ha un nome di fantasia e tanta paura per il futuro: è un giovane di Lagos costretto a fare i conti con la quarantena forzata e l’omofobia del padre. “Ha scoperto che sono gay controllando il mio cellulare mentre stavo dormendoha spiegato il ragazzo, che si è anche detto estremamente preoccupato per le possibili conseguenze del suo drammatico outing. Ascoltato da NoStringsNG, un’organizzazione nata nel 2015 con l’obiettivo sostenere e aiutare la comunità LGBTQIA nigeriana, Festus ha dichiarato di sentirsi in estremo pericolo e di temere seriamente per la propria incolumità.

Ho paura di impazzire – ha confessato durante il suo colloquio segreto con il fondatore di NoStrings – Mio padre si rifiuta di darmi da mangiare da quando ha scoperto la mia omosessualità. Da alcuni giorni vado a dormire con lo stomaco vuoto e la testa piena delle sue offese e dei suoi attacchi. Mi ripete continuamente che devo stargli lontano e che non vuole vedermi. Mi ha anche detto che appena sarà finita la quarantena dovrò andarmene di casa. In certi momenti ho davvero il terrore che sia tentato di uccidermi. Stare in casa con lui sta diventando sempre più complicato“.

Appassionato di moda e design, prima che il lockdown imponesse il blocco delle attività Festus frequentava un corso di preparazione al lavoro tanto desiderato. Ora teme per la sua sopravvivenza. E anche i suoi sogni sono finiti in stallo.

uomo nero triste solo

Attivismo in quarantena

La storia di Festus non è purtroppo un caso isolato: stando alle parole degli attivisti, sono moltissime le persone appartenenti alla comunità LGBTQIA nigeriana a soffrire per gli effetti dell’inaspettato lockdown. Sydney Abundance, che insieme ad altri volontari presta sostegno e aiuto alle persone che corrono maggiormente il rischio di contrarre l’HIV, ha spiegato di essere molto preoccupata per la salute dei suoi assistiti e di non poter far loro visita a causa delle misure di prevenzione imposte dal governo centrale.

Altrettanto in apprensione si è detta Emmanuella David-Ette, che con la sua organizzazione Dynamic Initiative for Healthcare & Human Rights (Iniziativa dinamica per l’assistenza sanitaria e i diritti umani; DIHHR) offre supporto psicologico e legale alle persone trans, intersessuali e gender non-conforming. Al pari di Abundance, anche lei è ora costretta a osservare le stringenti misure di contenimento, cosa che le impedisce ovviamente di partecipare ai processi in cui spesso è stata chiamata a testimoniare in qualità di esperta.

A rischiarare una situazione così fosca per fortuna sono intervenuti alcuni gruppi LGBTQIA, che hanno unito le forze e hanno lanciato numerose campagne a favore dei più fragili e vulnerabili. Tra le iniziative più interessanti, va sicuramente annoverata quella di One Action Foundation, che ha deciso di avviare una speciale raccolta fondi per fornire cibo, medicine e altri generi di conforto alle persone in difficoltà. Un gesto che può davvero fare la differenza e che, mi auguro, potrà forse servire a far comprendere (anche) al padre di Festus che oltre al coronavirus c’è un’altra epidemia da combattere e debellare: quella dell’intolleranza.

Nicole Zaramella
©2020 Il Grande Colibrì
immagini: Il Grande Colibrì

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