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Se a Firenze il Comune rifiuta il patrocinio al Pride con il voto congiunto di Partito Democratico, Forza Italia e neofascisti, altrove le notizie per la manifestazione dell’orgoglio LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali) sono persino peggiori. O forse no.

La marcia annullata

Sabato scorso era prevista la marcia del Pride a Port-Louis, capitale di Mauritius, ma un gruppo di musulmani estremisti che scandivano slogan contro le minoranze sessuali ha occupato la piazza da cui doveva partire la manifestazione, protestando perché la marcia sarebbe stata pubblicizzata su Facebook anche con la scritta “Allah is gay” (Dio è gay). Non ci sono stati scontri o violenze fisiche, ma la polizia ha comunque deciso di annullare la parata.

Gli organizzatori, però, non sono del tutto insoddisfatti, anzi. Pauline Verner, del Collectif Arc-en-Ciel (Collettivo arcobaleno) ha spiegato che la celebrazione musicale avvenuta al Caudan Waterfront, il quartiere più chic di Port-Louis, è stato un successo enorme e inaspettato: “Non abbiamo potuto marciare, ma quello che è successo qui è stato molto più forte e ci ha permesso di constatare una solidarietà incredibile. È stato semplicemente eccezionale! Finalmente i diritti umani sono stati messi in primo piano“. E le associazioni LGBTQIA hanno subito dato appuntamento all’anno prossimo.

In realtà, però, le notizie migliori sono arrivate dopo. In un paese in bilico, dove al tempo stesso i rapporti omosessuali sono considerati un crimine punibile con il carcere fino a 5 anni e le discriminazioni legate all’orientamento sessuale sono vietate, è arrivata l’importante solidarietà delle organizzazioni religiose.

La solidarietà delle religioni

Il Conseil des Religions (Consiglio delle religioni), che riunisce induisti, cristiani, musulmani, buddisti e baha’i, pur condannando la provocazione di “Allah is gay“, ha dichiarato che i diritti umani “sono pilastri irrevocabili e fondamenti inevitabili che assicurano il rispetto di ogni cittadino e la coesistenza democratica” e che “le persone che praticano l’omosessualità nella propria intimità non devono in nessun caso essere oggetto di emarginazione, stigma e violenza“.

Ancora più chiare sono state le parole del vescovo cattolico di Port-Louis, il cardinale Maurice E. Piat, che, “indipendentemente dalle convinzioni morali che si possono avere sull’omosessualità“, ha espresso la propria “indignazione” per il mancato svolgimento del Pride e ha invitato a non confondere i manifestanti estremisti scesi in piazza contro le minoranze sessuali con la maggioranza dei musulmani che, invece, difendono la pace sociale. Inoltre ha aggiunto: “In uno stato di diritto, tutti hanno il dovere di rispettare i diritti altrui, anche quando non si condividono gli stessi punti di vista“.

Non sono dichiarazioni perfette né totalmente favorevoli alle persone LGBTQIA, ma per molti paesi del mondo rappresentano aperture di enorme importanza. In Italia, invece, il percorso politico, giuridico e sociale dovrebbe garantire un quadro decisamente più favorevole. Le dichiarazioni del ministro leghista Lorenzo Fontana e il voto anti-Pride del PD fiorentino sono però delle efficaci smentite.

Pier Cesare Notaro
©2018 Il Grande Colibrì
foto: Martin Falbisoner (CC BY-SA 4.0)

Errata corrige dell’8 giugno 2018: nel titolo era erroneamente indicato “alle Mauritius” invece di “a Mauritius”.

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