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Per molti versi le festività natalizie sono il trionfo dell’ipocrisia: a fronte di un messaggio di amore per l’ultimo arrivato, nato in una grotta perché rifiutato da tutti gli alberghi della città, la risposta del mondo è quella di spendere lo spendibile per comprare cose inutili come e più che tutto il resto dell’anno.

Ma non c’è limite al travisamento della parola di un dio che ha detto “amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi“: in Uganda, per far contente le chiese cristiane, si propongono pene più dure (e anche la pena di morte) per i gay (Il Grande Colibrì) e il Papa benedice la presidente del Parlamento Rebecca Kadaga, prima sostenitrice delle nuove norme omofobiche (Fulvio Beltrami Africa). Poco importa, a questo punto che il presidente ugandese Yoweri Museveni si dica contrario alla pena capitale e alla persecuzione (BBC): la macchina è in movimento, e nella migliore delle ipotesi i gay se la caveranno senza essere ammazzati, ma “solo” con condanne fino all’ergastolo…

Del resto le chiese cristiane hanno parecchie contraddizioni con il messaggio evangelico. Solo ieri il Papa, già oggetto di amare considerazioni per la benedizione di cui sopra, ha detto che le nozze gay sono un “attentato alla famiglia” (la Repubblica).

Mentre il sito Pontifex non perde occasione  per spargere odio, dando la parola all’arcivescovo di Potenza Ennio Appignanesi, che definisce le unioni gay “ripugnanti“, che bolla chi si dedica alla sodomia come “lontano da Dio” e che conclude con una perla mistificatoria: “Non dimentichiamo, poi, che tanti gay sono causa di disturbi ancora più luridi, come la pedofilia“. Oppure intervista Odo Fusi Pecci, vescovo di Senigallia, che difende una frase del Papa (forse mal riportata da un’agenzia, ma comunque giustificata dal porporato), secondo cui i matrimoni gay sono “contrari alla giustizia e alla pace“, e che considera Nichi Vendola un “pervertito” negandogli la “dignità” di cattolico (Pontifex).

Naturalmente la Chiesa cattolica non è solo questa. C’è una buona parte di preti di frontiera, come quelli rappresentati da Andrea Bellavite, che invitano la gerarchia ad “accogliere le coppie omosessuali” (Messaggero Veneto) e anche qualcuno a livelli più alti che comincia, con le distinzioni del caso, a manifestare aperture, come il vescovo di Locri, Giuseppe Fiorini Morosini (Huffington Post), che nella sua lettera pastorale per il Natale si dice favorevole al riconoscimento dei diritti civili (salvo la definizione di famiglia, e quanto ne consegue) per i gay.

O come quelli che si riconoscono nel giornale Témoignage Chrétien, che arrivano a definire “un progresso per tutti” il riconoscimento del diritto al matrimonio per le coppie omosessuali. Ma proprio in risposta a questa pubblicazione Lucetta Scaraffia scrive sull’Osservatore Romano che il matrimonio non è un contratto qualsiasi e che, se da un lato è giusto affermare l’accesso ai diritti per i gay, l’istituto del matrimonio è stato creato per unire uomo e donna, accusando il giornale francese di aver assunto una posizione culturale “di moda“.

Del resto le gerarchie cattoliche sono in buona compagnia nella loro visione omofobica. Il pastore capo della Chiesa dei cowboy della Virginia, Raymond Bell, afferma con certezza che gli omosessuali possono “guarire” accarezzando il pelo ai cavalli (Gay Star News), ma le battute sul passaggio alla zoofilia sono fin troppo scontate. Ben peggio il discorso dell’influente politico cristiano James Dobson, che, come già il reverendo battista Sam Morris pochi giorni prima, ha collegato la strage nella scuola di Newtown con la concessione del matrimonio ai gay (Huffington Post).

Per fortuna che qualcuno si salva con l’ironia: per esempio i militanti per i diritti omosessuali colombiani che hanno creato un presepe con due Giuseppe e senza Maria (El Civico); ma anche la parrocchia di St. Matthew ad Auckland, che ha esposto un cartellone con un bambinello in culla con l’aureola arcobaleno e la scritta, emblematica: “E’ il tempo natalizio per Gesù di venire allo scoperto” (Stuff). Ecco… e se dio fosse gay?

Michele Benini
©2012 Il Grande Colibrì
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