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A forza di gettare benzina sul fuoco si rischia di perdere il controllo dell’incendio. E di bruciarsi le mani. Perché se è vero che trovare un capro espiatorio è purtroppo un metodo molto efficace per distrarre l’opinione pubblica dai vizi e dalle debolezze delle istituzioni, è altrettanto vero che questo metodo non risolve i loro vizi e a volte peggiora le loro debolezze. E così in Nigeria, dopo che la classe politica e le confessioni religiose hanno aizzato la popolazione contro gli omosessuali fino a far approvare una legge assurda che punisce penalmente persino l’espressione di un sentimento amoroso e non sessuale per una persona dello stesso sesso, la torcia dell’odio alla fine è caduta sulla sterpaglia del malcontento sociale e ora il fuoco rischia di bruciare anche chi lo ha appiccato. Quello che è successo a Bauchi, nel nord del paese, inquieta non solo gli omosessuali, ma anche le autorità.

Nella città nigeriana si era aperto il processo contro undici persone accusate di far parte di una rete gay in base a confessioni estorte sotto tortura ad un ragazzo arrestato qualche settimana fa (ilgrandecolibri.com). La corte islamica nella quale si stava svolgendo l’udienza è stata messa sotto assedio da una folla inferocita che voleva procedere immediatamente alla lapidazione dei presunti “sodomiti”. Il giudice El-Yakubu Aliyu ha sospeso la seduta e ha cercato di convincere gli assalitori ad aspettare la fine del processo. Invano. Allora gli imputati sono stati scortati in carcere, mentre la polizia, iniziando a sparare in aria, disperdeva a fatica la folla.

In una regione dove la pena di morte per gli omosessuali è stata a lungo una previsione legale virtuale e non applicata (l’ultimo processo si è concluso con “solamente” venti frustate: ilgrandecolibri.com), ora la rabbia popolare potrebbe indurre i giudici ad inasprire pesantemente le sentenze, persino forzando la legge: lo stesso El-Yakubu Aliyu ha prospettato l’ipotesi della sentenza capitale, nonostante il processo riguardi il reato di associazione omosessuale, che prevede al massimo sedici anni di carcere. Ma la rabbia popolare potrebbe anche innescare risposte violente contro il potere costituito: l’assedio di un tribunale potrebbe essere solo un assaggio di quello che verrà…

In un quadro così complesso, i governi occidentali esprimono condanne poco credibili, il mondo degli affari continua a lucrare sbadigliando qualche protesta, i mezzi di informazioni semplificano tutto e diffondono le notizie impacchettate nel modo che le renda meglio vendibili. Ad esempio, ricordando la presunta arretratezza culturale di certi popoli o invocando il boicottaggio di certi paesi, fingendo di non vedere e non sapere, nonostante le numerose prove raccolte dal giornalismo vero (l’ultimo articolo interessante è di afrika.no), che il motore dell’odio omofobico in Africa si trova in Occidente, nei suoi stati, nelle sue città, nei suoi cittadini. E’ un ottimo modo per lavarsi frettolosamente le mani, coccolando la propria ignoranza, tacendo la propria convenienza.

Uno degli esempi più scandalosi di disinformazione interessata lo si può leggere su ilsussidiario.net, che intervista padre Piero Gheddo, missionario, ex volto di RaiUno e firma di Avvenire e de Il Giornale, “profondo conoscitore del mondo africano” (sic!). Il super-esperto sostiene che la legge approvata di recente non sarebbe nazionale, ma sarebbe stata imposta da “sette islamiche” negli stati in cui prevale la sharia. D’altra parte, fa notare, “la Nigeria è uno stato laico, il presidente della repubblica, Jonathan, è un cattolico” e giura perfino che “senza dubbio” sono i cristiani a difendere gli omosessuali in Africa.

Eppure, anche senza essere “profondi conoscitori”, basterebbe dare uno sguardo distratto alla situazione delle persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) in Nigeria per sapere che le nuove norme omofobiche sono contenute in una legge federale scritta da attivisti americani cristiani, depositata in parlamento da politici locali cristiani e orgogliosamente firmata dal presidente, cristiano cattolico. Anche se ogni drammatico passaggio ha avuto l’indegno benestare della maggioranza delle istituzioni islamiche del paese, non è accettabile che le responsabilità delle chiese cristiane siano nascoste e negate solo per un’operazione di marketing.

Padre Gheddo, abituato a tuonare contro coloro che “pensano che la difesa della vita e della famiglia passa in secondo piano di fronte alle drammatiche urgenze della fame, della miseria disumana, delle ingiustizie a livello mondiale e nazionale” (tempi.it), oggi si traveste da paladino degli omosessuali solo per confezionare uno spot di odio tanto semplice quanto incoerente: l’Islam è cattivo perché è integralista, il cristianesimo è buono perché riconosce diritti alle persone e libertà religiosa, e però la cosa migliore da fare è convertire tutti al cristianesimo perché le altre religioni sembrano immoralità degne solo di ladri di mucche e la morale laica è una bufala. Una bufala additata da un seminatore di bugie.

 

Pier
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