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Non accade molto spesso che ci sia una buona notizia dall’Italia, specie per le persone LGBTQ*, specie in una campagna elettorale in cui il tecnocrate Mario Monti, candidato alla presidenza del Consiglio, con fama da liberale ed europeista, prima candida l’imprenditore del sito Gay.it e di svariate altre attività legate al business gay Alessio De Giorgi (Il Grande Colibrì), poi ritiratosi per le polemiche legate a sue immagini ed attività (La Repubblica), poi nega i diritti delle stesse persone LGBTQ*, in linea con le istanze più oscurantiste del suo schieramento (GR Rai).

Ma è proprio da una buona notizia italiana che vogliamo partire per andare ad esplorare i problemi dei gay nel mondo quando si rapportano alle forze dell’ordine. E problemi ce ne sono stati tanti anche nel nostro Paese, dove la polizia schedava gli omosessuali. Ma oggi a Napoli si sviluppa un’altra storia, quella di un seminario universitario dedicato agli agenti proprio per combattere l’omofobia: Luigi Merolla, questore della città, spiega che “da tempo la polizia è sensibile alle problematiche riguardanti atti discriminatori commessi nei confronti di soggetti appartenenti a minoranze” (La Repubblica).

Naturalmente anche altrove, e probabilmente con meno burocratese, esistono polizie non vessatorie nei confronti dei gay. E’ certo il caso del Regno unito, dove già nel 2008 la polizia cittadina londinese era tra gli sponsor della Coppa del mondo di calcio gaylesbica e dove Stonewall ci informa che diverse polizie locali figurano tra i datori di lavoro più gay friendly del paese e una delle menzioni speciali per l’impiegato dell’anno è stata conferita proprio ad un agente di polizia dell’Hampshire (Stonewall).

Ma, se altrove, come in Guyana, è un’associazione che lotta contro le discriminazioni a collaborare con le forze dell’ordine per scoprire i colpevoli di un omicidio omofobico (Demerara Waves), molto più frequenti sono i casi in cui poliziotti, carabinieri o loro omologhi sono dalla parte sbagliata così come – permettete di esprimere una certezza personale – lo sono ancora molti uomini in divisa (per non dire quasi tutti) anche in Italia.

Le discriminazioni possono essere soft e riguardare gli stessi agenti, come in Nuova Zelanda dove ai poliziotti è stato impedito di marciare in divisa al Pride di Auckland (GayNZ). Un po’ più pesanti, come nella stessa Gran Bretagna campione di diritti LGBTQ*, dove la polizia di Manchester è ora costretta a scusarsi per aver chiesto un campione di DNA a un uomo omosessuale (BBC). Vessatorie e ricattatorie come in Kenya, dove agenti di polizia hanno partecipato ad una vera è propria gang criminale per spremere quattrini dalle vittime che, in più, venivano violentate (Identity Kenya) o Georgia (ex URSS), dove la polizia militare è accusata di aver ricattato diverse persone omosessuali con immagini che si era procurata illegalmente (Civil).

Ma la polizia sotto accusa per intolleranza, per eccellenza, è quella degli Stati Uniti: questa volta a farne le spese non sono minoranze etniche ma sessuali. Però la musica non cambia: si va dal poliziotto condannato per aver sparato a delle transessuali (The Washington Times), con relative proteste delle organizzazioni trans del Distretto di Columbia, che fanno notare come la sentenza sia stata eccessivamente morbida nei confronti dell’agente (DC Trans Coalition), al pestaggio denunciato da un newyorkese, che sarebbe stato vittima di un gruppo di poliziotti che lo hanno malmenato usando linguaggio omofobico (New York Post).

Ed una condanna alla polizia di Los Angeles (Daily News) è arrivata dai giudici del consiglio cittadino per mobbing nei confronti del sergente Ronald Crump, apertamente gay. Le continue vessazioni subite lo hanno portato a fare causa al corpo di cui faceva parte ed i giudici gli hanno dato ragione. Del resto anche Jake Genesis, ora pornostar ma per otto anni poliziotto, ha raccontato, di recente, l’omofobia presente tra le divise di cui faceva parte (Examiner).

E di come sia difficile stare in divisa da omosessuale si occuperà domani Oltre le differenze, una trasmissione di Antenna Radio Esse dedicata proprio al delicato tema del rapporto tra omosessualità e forze dell’ordine e che avrà tra gli ospiti una soldatessa lesbica italiana, che racconterà i problemi affrontati con i commilitoni.

Michele Benini
©2013 Il Grande Colibrì

3 Comments

  • Anonimo ha detto:

    ma come loro sono i primi ad andare con trans e gay ecc
    e poi fanno i moralisti!

  • enrico ha detto:

    Pierre Seel, un omosessuale deportato in un lager nazista finì dentro proprio per una schedatura illegale da parte della polizia francese. lui andò alla polizia per denunciare il furto del suo orologio. il poliziotto notò il posto (un parco dove i gay si incontravano) e l'ora tarda e comprese. Fece una pesante predica al giovane Pierre minacciandolo di dire tutto a suo padre e alla fine senza dirglielo lo schedò in uno schedario illegale che la polizia teneva abitualmente con i nomi delle persone omosessuali. Quando ci fu l'occupazione i nazisti usarono questi schedari per sbattere gli omosessuali nei lager.

    Galaad

  • marcovolante ha detto:

    qualcosa sta veramente cambiando, anche se sempre troppo tardi
    http://www.poliziadistato.it/articolo/view/22039/

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