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Mercoledì scorso in Pakistan tre sorelle armate che indossavano il burqa hanno sparato a un uomo nel villaggio di Nangal Mirza, nella provincia pachistana del Punjab. La polizia è riuscita ad arrestare le autrici dell’omicidio e le ha identificate come Amna, Afshan e Razia.

Secondo la polizia, le tre donne hanno organizzato l’omicidio recandosi in casa del guaritore Mazhar Hussain Syed, chiedendogli di pregare per loro. Poi gli hanno chiesto se suo figlio, Fazal Abbas, fosse tornato dal Belgio e hanno chiesto di poterlo vedere. Non appena Abbas, 45 anni, è comparso davanti alle donne, le tre hanno estratto le armi che avevano portato con sé in segreto e gli hanno sparato. Abbas è morto sul colpo, mentre le donne festeggiavano la sua morte, affermando che avevano finalmente eliminato un bestemmiatore.

L’atto di blasfemia di cui era “colpevole” Abbas risale al 2004, ma all’epoca l’uomo scappò all’estero, riuscendo a sfuggire dalle maglie della giustizia che voleva processarlo in base alla sezione 295-c del codice penale pachistano (uso di espressioni spregiative, orali o scritte, nei confronti del nome di Maometto). Le tre sorelle hanno dichiarato che avrebbero già voluto ucciderlo quando secondo loro peccò di blasfemia, ma di non aver potuto perché erano troppo giovani. Tornato recentemente in patria, Abbas aveva chiesto e ottenuto di pagare una cauzione  per evitare l’arresto da parte di un tribunale locale [Dawn].

Purtroppo le “punizioni” extragiudiziali per blasfemia sono ormai fuori controllo in Pakistan e lo stato pachistano non riesce a dare protezione alle persone accusate falsamente di questo reato: come ha raccontato ancora recentemente Il Grande Colibrì, fatti simili stanno diventando un “trend” in Pakistan e vengono uccisi molti innocenti. Giovedì 13 aprile è stato ucciso lo studente Mashal Khan, anch’egli accusato di blasfemia. È arrivato il momento di chiedere che lo stato pachistano faccia un serio passo avanti per cambiare la norma del codice penale contraria ai diritti umani e garantisca la sicurezza dei suoi cittadini.

Commentando l’uccisione dello studente, l’importante studioso islamico Javed Ahmed Ghamidi ha affermato che le leggi sulla blasfemia in Pakistan sono contrarie agli insegnamenti islamici. In un’intervista su un canale televisivo privato, Ghamidi ha detto: “La legge sulla blasfemia è contro il Corano, gli hadith [i detti e fatti di Maometto, ndr] e anche la giurisprudenza hanafita. Allah non ha mai rivelato questa legge. Questa legge è anche un insulto all’islam”. Poi ha criticato gli altri studiosi religiosi per non aver educato le masse e per aver trascinato il paese in questa crisi [Daily Pakistan].

 

Wajahat Abbas Kazmi
©2017 Il Grande Colibrì

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