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Il digiuno durante il mese di ramadan è il quarto dei cinque pilastri dell’islam, insieme alla testimonianza di fede, alla preghiera, alla zakat (elemosina) e al hajj (pellegrinaggio alla Mecca). Esistono diverse violazioni che riguardano il mese santo di ramadan, che variano da paese a paese: una di queste consiste nel mangiare in un luogo pubblico durante il giorno, quando i musulmani dovrebbero digiunare. Al biasimo religioso in alcuni paesi si aggiungono anche sanzioni come il carcere o l’obbligo di svolgere servizi civili.

Il ramadan in Libia è un’imposizione

Come ex musulmana, la prima volta che ho deciso di non fare il digiuno è stato nel 2009: tenevo il cibo nascosto in camera mia, che chiudevo accuratamente a chiave. La cosa più difficile era bere l’acqua o altre bevande, perché, non potendo tenerle sempre con me, dovevo fare attenzione a nasconderle bene.

Il mio paese, la Libia, non riconosceva il fatto che qualcuno mangiasse in pubblico durante il digiuno di ramadan, per questo certe abitudini contrarie alle usanze tradizionali non sono mai state criminalizzate fino all’arrivo di Gheddafi e all’espulsione degli ebrei dalla Libia [Il Grande Colibrì]: l’islam è diventata la religione imposta al popolo e in molti settori si sono applicati leggi e regolamenti islamici. Durante il mese di ramadan vengono chiusi dall’alba al tramonto tutti i ristoranti e i negozi che vendono cibi pronti. Non è consentito mangiare fuori: il digiuno di ramadan è un dovere, non farlo è un “peccato grande” per cui si rischia il carcere e una multa.

Carcere per chi viola il ramadan, è scontro in Pakistan

Per una persona non credente, però, la cosa più difficile non è la rottura del digiuno, ma la necessità di impegnarsi in cose che non si desiderano fare. E non si può nemmeno esprimere la propria opinione, manifestando apertamente la propria contrarietà per esempio sui vari rituali religiosi che si praticano durante questo periodo, come le preghiere in moschea.

Donne coperte e stranieri nascosti

Durante il mese di ramadan le donne devono indossare il velo per coprire i capelli, non possono truccarsi e devono controllare bene il loro abbigliamento per strada e quando vanno a fare la spesa. Ancora mi ricordo le litigate che facevo con mia madre e con i miei fratelli perché mi rifiutavo di indossare il velo e desideravo vestirmi con gli abiti che ero abituata a mettere nei giorni normali. Il Corano dice che l’uomo può chiudere un occhio e non guardare le donne se le desidera durante il digiuno: non mi è mai piaciuto questo attribuire tutta la colpa del fallimento del digiuno dell’uomo a cosa indossano le donne, ai loro capelli e in generale al loro aspetto esteriore.

Anche per gli stranieri che lavorano in Libia la situazione non è facile. Ricordo che nell’azienda in cui lavoravo c’erano anche lavoratori di altre nazionalità e religioni. Durante l’ora di pranzo si ritrovavano in una stanza chiusa insieme al loro cuoco. Neanche a loro era consentito andare al ristorante come erano soliti fare abitualmente, perché suscitavano indignazione e venivano criticati dalla stampa libica.

I miei ramadan, mia madre e Rachid O.

Ramadan in Italia, tra religione e tradizione

In Italia, nonostante l’alta presenza di musulmani, il digiuno non è obbligatorio e posso mangiare tranquillamente: nessuno mi controlla la borsa dove tengo il pranzo. Qui non ho paura che mi mettano in prigione perché non rispetto il digiuno. Anche la maggior parte dei ristoranti e dei negozi musulmani a Milano (come i kebab) sono aperti. La comunità musulmana fa il ramadan dall’alba al tramonto. Dopo, secondo le abitudini islamiche, si ritrovano a preparare cibo e cucinare per ore.

Molti musulmani fanno il ramadan perché sono abituati a farlo da sempre, perché la loro famiglia è musulmana. Il ramadan è considerato un simbolo, un ricordo del loro paese, delle loro radici e come tale rappresenta la loro identità. L’islam non prevede solo il ramadan, ha anche la preghiera e alcune proibizioni come non bere alcolici, non praticare adulterio e non rubare, ma molti musulmani ignorano questi precetti e “riassumono” l’islam nel digiuno e nel non mangiare carne di maiale.

Ogni anno molti arabi, musulmani e italiani mi chiedono se pratico il digiuno, visto che sono libica. La mia risposta è sempre la stessa: io non sono musulmana, anche se sono araba, e non tutti gli arabi sono musulmani, anche se provengono da paesi a maggioranza musulmana. Non sono musulmana e ho il diritto di scegliere una religione diversa che non sia quella del mio paese d’origine o del paese in cui vivo, o anche di non essere religiosa ed essere atea, come sono.

Spero per tutte le persone non musulmane che vivono in una società musulmana che arriverà il giorno in cui la rottura del digiuno nel mese di ramadan non sia più un reato.

 

Amani
©2017 Il Grande Colibrì

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