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È intervenuta addirittura la polizia antisommossa per le retate che a Minsk, capitale della Bielorussia, hanno colpito due bar gay, il “Casta Diva” e il “Burlesque”, già protagonista delle cronache nel 2014 quando un uomo era stato picchiato quasi a morte all’uscita dal locale [Gay Press]. Secondo quanto riporta il Russian LGBT Network (Rete LGBT russa) su Facebook, le forze dell’ordine hanno schedato tutte le persone presenti nei due bar e hanno portato via almeno un cliente. Inoltre, sembrerebbe che in tutto il paese sia stato impedito l’accesso a un noto sito di incontri per soli uomini.

In Bielorussia i rapporti tra persone dello stesso sesso sono legali e le “uniche” discriminazioni ufficiali sono l’impossibilità di arruolarsi nell’esercito, che considera l’omosessualità una malattia mentale, e il divieto di matrimoni gay, introdotto con la riforma costituzionale del 1994, quando è arrivato al potere il presidente-dittatore Alexander Lukashenko, che ama le battute omofobe. Anche per questo le ultime notizie potrebbero non sembrare preoccupanti, ma, se si allarga lo sguardo all’intero spazio ex sovietico, appaiono subito più cupe. D’altra parte, come aveva spiegato l’attivista bielorusso Ihar Tsikhanyuk al Grande Colibrì, “la situazione attuale è molto influenzata dalla Russia e la Russia è molto omofoba. È vero che non esistono leggi che discriminano, ma purtroppo non esiste neanche una norma che tuteli i gay”.

[per approfondire: Attivisti LGBT perseguitati: la Bielorussia imita Mosca]

Nell’ex Unione Sovietica

E se si parla di Russia, viene ormai subito alla mente la persecuzione degli omosessuali in Cecenia, che ha suscitato una ventata tanto intensa quanto breve di indignazione in tutto il mondo: decine e decine di presunti gay sono stati arrestati, imprigionati e torturati in segreto, in un’ondata di repressione che ha portato a un numero imprecisato di omicidi (da 3 a 50, secondo le fonti) [Il Grande Colibrì]. Ora si scopre che, secondo quanto riporta una fonte citata da New Now Next, anche il noto cantante Zelimkhan Bakaev, 25 anni, arrestato ad agosto perché sospettato di essere omosessuale, sarebbe stato torturato e ucciso dalla polizia.

Alla luce del dramma ceceno e dell’ondata di arresti avvenuta a settembre in Azerbaijan [Il Grande Colibrì], con numerosi casi di tortura [Radio Free Europe / Radio Liberty], le retate in Bielorussia appaiono particolarmente inquietanti. E lo stesso si può dire di quello che sta accadendo in Tagikistan: le autorità hanno comunicato di avere schedato 367 cittadini come lesbiche e gay. Questo registro delle persone omosessuali sarebbe nato a causa della loro “vulnerabilità nella società, per assicurare la loro sicurezza e impedire la trasmissione delle malattie sessualmente trasmissibili”. Per questo tutti gli individui schedati dovranno sottoporsi a esami clinici. Gli attivisti denunciano la scelta evidentemente discriminatoria, ma temono soprattutto che questa schedatura sia solo l’annuncio di una persecuzione decisamente peggiore.

 

Pier
©2017 Il Grande Colibrì

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