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Dopo gli spaventosi dati sui crimini d’odio negli States che Il Grande Colibrì ha riportato la settimana scorsa, altrettanto terrificanti dati arrivano dalla Russia, dove in 5 anni, dall’approvazione delle leggi contro la “propaganda gay” sono raddoppiati i delitti motivati da omofobia e transfobia. E quasi 200 sui 250 casi analizzati dal Centre for Independent Social Research (Centro per la ricerca sociale indipendente) sono stati omicidi. Nel paese, fortemente omofobo, si è notato che le sentenze per crimini violenti commessi per ragioni d’odio sono passate da 18 nel 2010 a 65 nel 2015 – e si parla dei pochi casi presi in considerazione dalla polizia locale, di solito quasi completamente assente e insensibile alla problematica [Reuters].

Cecità volute

Come nel recente caso di cronaca dell’11 novembre, in cui giovani uomini muniti di sostanze chimiche ustionanti hanno aggredito due attiviste per i diritti LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersessuali e asessuali) che si apprestavano a prendere la metro a Mosca dopo una conferenza. Zoya Matisova, 42 anni, psicologa e attivista dell’LGBT Network, e la giovane Nadezhda Arunchik, 23 anni, sono state avvicinate da un gruppo di giovani con domande sull’evento, poi Zoya è stata aggredita con uno spray che le è stato puntato dritto negli occhi, senza che l’amica la potesse aiutare, mentre i criminali urlavano frasi omofobe.

Un terribile episodio, ignorato dalla polizia, che ha portato Zoya a una cecità temporanea e a piccole ferite, per fortuna non gravi, che hanno comunque richiesto l’intervento del personale medico. I responsabili di questo crimine orrendo non verranno mai arrestati: non sono stati richiesti i filmati della zona, non sono stati cercati gli assalitori [Human Rights Watch]. È uno dei numerosi casi ignorati di una violenza alimentata anche dalla Chiesa ortodossa e dallo stato, che fino al 1993 considerava l’omosessualità un crimine offensivo per poi catalogarla come malattia mentale.

 

Gloria
©2017 Il Grande Colibrì

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