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Un kinkster, un attivista, un ricercatore. Mirco Costacurta è impegnato nel comitato Arcigay “Tralaltro” di Padova, di cui è stato in passato vicepresidente. Attualmente svolge un dottorato di ricerca di scienze sociali all’Università di Padova, con un progetto di ricerca sugli uomini che fanno sesso con uomini (MSM) e che vivono la sessualità in modo kinky. Mirco ha curato “I tormenti del potere. Ripensare le identità sessuali tra antispecismo e ambientalismo” (Diodati 2020, 160 pp., 15€) e ha diretto e sceneggiato il cortometraggio “Non riVelabili” sulla sierofobia sociale e interiorizzata. Con Il Grande Colibrì affronta il tema del sesso kinky (che letteralmente in inglese significa “strano”).

Iniziamo a entrare in argomento: di cosa parliamo quando parliamo di kinky?

Vivere la sessualità in modo kinky significa viverla in modo non tradizionale, ad esempio coltivando alcuni feticismi.  Spesso il termine “kinky” viene usato come sinonimo di BDSM [l’insieme delle pratiche sessuali di bondage, disciplina, dominazione, sottomissione, sadomasochismo; ndr], ma quest’ultimo ne è solo una parte. Il puppy play, il giocare come un cane, ad esempio, è considerato un kink anche se non sempre ci sono relazioni di dominazione o disciplina.

La persona kinkster trasgredisce quelle che sono le norme o le convenzioni sociali legate alla sessualità, che come ben sappiamo variano non solo nel tempo e geograficamente, ma anche da persona a persona. Ad esempio, il baciarsi tra uomini per noi è “normale”, dato per scontato, se andiamo in altri paesi, anche nei rapporti omosessuali fra innamorati non si fa e viene visto in modo non eccitante.

coppia gay arabi bacioE invece cosa significa “vanilla”?

Chi non si definisce “kinky” o vive l’intimità in modo convenzionale, viene comunemente definito “vanilla”, raramente in modo dispregiativo, ma non è il nostro caso!

Come si è svolta la tua ricerca?

Il mio progetto di ricerca riguarda lo studio (auto)etnografico di uomini che fanno sesso con uomini (MSM) che vivono la sessualità in modo kinky. L’ho fatto attraverso interviste, osservazioni partecipanti in vari locali di incontro per uomini in Italia e in Europa e attraverso un lavoro di auto-osservazione della mia vita sessuale.

Scoprire il kinky e scoprirsi kinky. Ragionando su questa intervista, sono andato a rileggere cosa avevamo già scritto su questi temi in passato su Il Grande Colibrì. Nel 2014 avevamo pubblicato diverse testimonianze. Tu sei di un’altra generazione: ti sembra che le cose siano diverse oggi?

Dunque, nel 2013 uscì la quinta edizione del Manuale statistico diagnostico dei disturbi mentali (DSM-5), nella quale si distinguevano le parafilie (i desideri e le pratiche come naturali e consensuali espressioni della sessualità) dai disturbi parafilici (situazioni di pericolo e disagio difficili da gestire a livello personale o sociale). Fu una tappa importantissima per il mondo kinky, perché poteva essere accettato più facilmente dal senso comune, come se si fossero spezzate delle catene che prima lo relegavano solo al mondo della patologia o della devianza.

mirco costacurta puppy playCredo che le cose siano molto cambiate rispetto a quel tempo, sono trascorsi quasi dieci anni: rispetto alle interviste che avete fatto in quell’articolo, l’età media delle persone che “ci mettono la faccia” è più eterogenea, è più facile accedere a questo mondo, sperimentare, comprare accessori, capire “come si fa”, andare a feste a tema, avere delle associazioni di riferimento. Però non basta. Molte pratiche rimangono fantasie proposte dalla pornografia e le opportunità per realizzarle non sempre sono immediate.

Per la tua ricerca hai avuto modo di frequentare anche realtà kinky fuori dall’Italia: le cose sono diverse se ci spostiamo da un paese a un altro?

Da un lato credo che il contesto italiano favorisca maggiormente una sessualità romantica, monogama e tradizionale rispetto a quelle ribelli: sia per un discorso storico/politico (siamo il fanalino di coda in Europa nella tutela delle identità non cis-eterosessuali), sia per una nostra difficoltà a relazionarci con il resto del mondo (quanti di noi sanno sostenere fluentemente una discussione in inglese?). In altri stati, soprattutto nelle capitali, esistono locali che accettano nelle loro serate, ad esempio, solo chi indossa un paio di sneaker, oppure uniformi in pelle o in latex (cioè come Diabolik, per intenderci!). In Italia invece diventa difficile anche solo capire come procurarsi un accessorio in gomma di qualità senza doverlo comprare a Londra o a Berlino.

Se a queste difficoltà tecniche aggiungiamo, ad esempio, il fatto che il sesso promiscuo sia fortemente scoraggiato sia a livello sociale che istituzionale, per via di una scarsa educazione al “consent and safer sex” (sesso consensuale e sicuro), si intuisce come mai molti aspetti della vita kinky oggi siano ancora stigmatizzati. Forse non si conoscono approfonditamente e quindi si evitano. Mi pare che il feticismo in Italia sia ancora qualcosa di straordinario, l’evento, l’eccezione, e non la normalità, l’abitudine, lo stile di vita di un gruppo di persone che si diverte a suo modo, come fa in maniera analoga chi gioca a calcetto.

Però anche in Italia emergono nuove realtà, no?

Fortunatamente ci sono associazioni come Leather Club Roma, Leather & Fetish Milano, Leather Friends Italia, Articolo 28 e The Italian Puppy che portano avanti la cultura e le subculture kinky fra MSM, incentivando l’approccio “sex positive”, organizzando incontri, facendo divulgazione e interfacciandosi anche col resto del mondo.

uomo nero leather cuoioSappiamo quanto internet prima e le app poi abbiano avuto un impatto sulla comunità LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali): un discorso simile si può fare anche per la comunità kinky?

Assolutamente sì! Oggi attraverso i social si scopre di non essere lз solз ad avere un feticismo o l’interesse per una pratica sessuale poco diffusa. Fare coming out, anche nel mondo kinky, serve a ridurre il minority stress delle altre persone, costruendo un ambiente sicuro e sempre meno giudicante attorno a noi. E poi così è più facile trovare compagnз di giochi!

E sui social?

Riguardo ai social, se su Twitter ognunǝ può sentirsi liberǝ di condividere la propria intimità in modo esplicito, così non è su Facebook e Instagram. Da quando quest’ultima piattaforma è stata acquistata da Zuckerberg, molti profili di miei amici sono stati bannati definitivamente anche solo per una corda attorno alla coscia o per qualche immagine ammiccante perché ritenuta “sessualmente esplicita”. A me è capitata la stessa sorte pur non avendo mai posato nudo.

Insomma, se da un lato questi strumenti sono importantissimi per conoscersi e imparare a vivere in modo kinky, per un altro aspetto sono un ostacolo moralista che limita la piena espressione di se stessз, rischiando di promuovere l’idea che il nudo e il sesso siano sbagliati e vergognosi. Non credo ne avessimo bisogno e tutto ciò è in forte contraddizione con quello che passa alla televisione, dove di sicuro non mancano i contenuti pornografici nelle pubblicità o nei quiz, ad esempio. Insomma, la questione non è se si può mostrare la propria sessualità. La vera domanda è: chi può farlo?

sesso trio gay interracialLa pandemia ha scombussolato il nostro modo di vivere la sessualità: molte persone hanno rinunciato a fare incontri, i locali hanno chiuso, il virtuale ha guadagnato ancora più spazio. Secondo te, questi cambiamenti sono reversibili o questi anni lasceranno un’impronta indelebile?

Una caratteristica dei kink è che si evolvono col tempo e cambiano! Nell’Ottocento le donne sventolavano un fazzoletto se erano interessate a un uomo e questi si eccitava: oggi sarebbe ridicolo, ma forse è proprio da contaminazioni e evoluzioni di questo tipo se si è sviluppato a San Francisco nella seconda metà del Novecento l’hanky code, l’utilizzo di bandane colorate per comunicare i propri kink ad altri uomini. La sessualità non si è mai fermata con l’avvento dell’AIDS e non si è fermata neppure con questa pandemia, però si è adattata al contesto, come dici tu, nelle forme online. Si sono venduti più sex toy e anche questo è un kink!

I kink spesso nascono da ciò che le persone hanno vissuto sulla loro pelle, quindi per certi versi hanno un carattere apotropaico. Le maschere a gas, le maschere da puppy, da kitty [gatto; ndr] o da cavallo esistevano già prima della pandemia per anonimizzare i volti o depersonalizzarli. Alcuni amici di Berlino hanno sfruttato l’occasione e hanno prodotto delle mascherine per la bocca utilizzando delle scarpe della Adidas o della Nike. Prima esistevano, ma si vedevano molto raramente, mentre ora hanno un senso e sono più diffuse. La pandemia è un momento di trasformazione per tutto questo e io non vedo l’ora di ripartire!

Leggi la seconda parte dell’intervista

Valerio Barbini
©2021 Il Grande Colibrì
immagini: © Mirco Costacurta / Il Grande Colibrì / © Mirco Costacurta / Il Grande Colibrì / Il Grande Colibrì

Per approfondire i temi trattati con Mirco vi consigliamo anche: “Kinky, cosa è sessuale?”, Quaderni del laboratorio interdisciplinare di ricerca su Corpi, Diritti, Conflitti n. 1, PM edizioni.

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