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Siamo purtroppo abituati a raccontare di retate di polizia durante feste gay, più o meno a sfondo sessuale, in diversi paesi del mondo, dall’Indonesia alla Nigeria. Questa volta, però, il raid è avvenuto nella capitale di uno stato dell’Unione Europea, e quello stato è proprio l’Italia. Sabato sera a Roma doveva svolgersi il momento culminante di una tre giorni organizzata dal Leather Club Roma e da Leather Friends Italia: l’elezione di Mister Rubber Italia 2018, il rappresentante nazionale del feticismo della gomma. 52 persone, di cui circa metà provenienti dall’estero, erano presenti all’evento, che si stava svolgendo al Bunker, uno dei principali club privati della capitale, con discoteca e area cruising.

Verso le 23.30, però, il club ha subito controlli in grande stile: Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE), polizia, guardia di finanza, vigili del fuoco e Azienda Sanitaria Locale (ASL) hanno deciso contemporaneamente di “invadere” il locale con ben 31 persone tra agenti e ispettori. “Hanno iniziato a ispezionare il locale senza dare particolari spiegazioni” racconta Fabio Cioni, del direttivo del Leather Club Roma, al Grande Colibrì. 15 persone hanno poi risposto a un questionario prestampato, con domande preparate in precedenza sull’associazione che gestisce il Bunker. “Ci hanno fatto firmare questa dichiarazione, ma non ce ne hanno dato copia” spiega Cioni. Come gran finale, è arrivato anche il cane antidroga, che ha controllato tutti i presenti, senza trovare alcuna sostanza illecita.

Sotto sequestro

Dopo ben tre ore, alle 2.30, i 52 uomini presenti per la serata, tutti regolarmente soci del club, hanno potuto rivestirsi e lasciare il locale, mentre le autorità decidevano di porre sotto sequestro il Bunker perché hanno ritenuto che svolgesse un’attività commerciale e che non fosse un circolo ricreativo.

maschera rubber

Secondo Cioni la polizia avrebbe evitato battute fuori luogo e l’intera vicenda non sarebbe motivata da omofobia. Invece il presidente del Bunker, Ottavio Ricci, non solo riferisce al Grande Colibrì di aver sentito battute inopportune con riferimento all’orientamento sessuale dei partecipanti alla serata, ma ci spiega anche: “Abbiamo subito un abuso di potere: ci hanno trattati come delinquenti, ci hanno umiliati”. E, negando con forza che il club sia un’attività commerciale, annuncia che già stamattina chiederà il dissequestro del locale e sporgerà denuncia per quanto accaduto: “Sono gay e sono orgoglioso di esserlo, lotto tutti i giorni per i diritti della nostra comunità: non posso accettare un’operazione così assurda nel 2018!”.

Leggi sessuofobiche

Comunque stiano le cose, è possibile che in un paese civile una festa tra adulti in un luogo privato debba subire un’irruzione di questa portata, con forze tanto ingenti e tanto differenti (e con risultati così modesti, tra l’altro)? Perché alcuni controlli che potevano essere tranquillamente effettuati di giorno si sono trasformati in una retata di questa portata? E ancora, più in generale, perché in Italia vigono ancora leggi così sessuofobiche, che costringono chi vuole organizzare sex party a ricorrere a circoli privati gestiti da associazioni?

Sarà importante andare a fondo nel capire come si sia prodotto un episodio così sconcertante, in cui evidentemente si voleva trovare a ogni costo qualcosa che non andasse (mancava solo l’intervento di un esorcista), ma ancora di più è urgente avviare una battaglia politica per cancellare norme che cercano di spingere la libera sessualità di persone adulte e consenzienti se non nell’illegalità almeno in una zona grigia dai contorni troppo sfumati e sfuggenti, in cui legge e moralismo possono confondersi troppo facilmente.

Pier Cesare Notaro
©2018 Il Grande Colibrì

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